Il Gharabagh Montano, o Nagorno Karabach, (in russo nagorno significa
montano e la scrittura
Karabach deriva dal fatto che in in russo non esiste il suono
“gh” dunque si utilizza la lettera “k”), in armeno è Artsakh, da
più di duemilacinquecento
anni è parte integrante dell'Armenia e sono tuttora armeni,
per origine etnica,
religione, lingua e cultura quasi tutti i suoi abitanti. Come la
restante parte
dell'Armenia anche il Gharabagh Montano subì nel corso dei
secoli varie dominazioni
straniere che si alternarono a periodi d’indipendenza; ma fra
le varie regioni
armene il Gharabagh fu quello che poté mantenere
più a lungo una
semi-indipendenza, favorito in ciò dalla natura montuosa del
territorio e dalle
particolari attitudini militari dei suoi abitanti.
Fino all'inizio del secolo scorso questa regione, fu governata da
principi
armeni, feudatari dello scià di Persia. Nel 1813, in seguito
alla guerra
russo-persiana, la regione (assieme ad altri territori armeni e
all'attuale
Azerbaigian) entrò a far parte dell'Impero Russo che,
abolendo il potere delle
famiglie feudali armene, inglobò il Gharabagh nella regione
d'Elisavetopol
(attuale Gandjà, in Azerbaigian).
Con la rivoluzione bolscevica, essendosi il Caucaso staccato dalla
Russia,
l'Armenia e l'Azerbaigian proclamarono la propria indipendenza e
quest’ultimo
volle annettersi il Gharabagh al fine di avere un confine comune con la
Turchia. Ma l'opposizione. anche armata degli abitanti della regione
impedì
l'esecuzione dei piani azeri. Questa regione rimase dunque contesa fra
Armenia e
Azerbaigian, finché, con l'instaurarsi del regime sovietico
in tutto il
Caucaso, nel 1921, per volere di Stalin, e formalmente con una
decisione del
solo Partito Comunista, il Gharabagh fu assegnato all'Azerbaigian
nonostante il
94,4% dei suoi abitanti fossero armeni e questa regione distasse
dall'Armenia
solo sei chilometri. Nel 1923 fu istituita la "Regione autonoma del
Gharabagh Montano", comprendente una parte soltanto di questa regione
contesa. Ma all'atto pratico l'autonomia fu soltanto formale, mentre
nella
sostanza il governo di Bakù mantenne uno stretto controllo
su tutta la regione
ostacolando i contatti fra essa e l'Armenia.
Da
Stalin a Brezhnev
Durante il periodo sovietico, negli anni di Stalin, Khrusciov e
Breznev, il
Gharabagh subì un lento e progressivo declino. Le
autorità azere, al fine di
mutare il rapporto numerico fra armeni e azeri, favorirono lo sviluppo
economico delle zone popolate da azeri, viceversa quelle abitate da
anni furono
trascurate. Tutto ciò contribuì a far emigrare
molti armeni. Viceversa, con
vari incentivi economici, fu incoraggiata l'immigrazione degli azeri.
Cosicché
nel 1979 la percentuale degli abitanti armeni era scesa (dal 94,4% del
1921) al
75%. La politica di generale persecuzione contro gli armeni
trovò una netta
opposizione da parte di questi ultimi che in varie occasioni nel 1929,
1936,
1945, 1963, 1969 e negli anni più recenti, con petizioni e
proteste chiese al
Cremlino che il Gharabagh fosse riunito all'Armenia, ma le minacce e le
pressioni dei dirigenti azeri trattennero Mosca dal rendere giustizia
agli
armeni. La politica antiarmena diede comunque i suoi frutti.
Nel Nakhidjevan
(altra provincia armena assegnata nel 1921 all'Azerbaigian sebbene non
avesse
nessuna contiguità geografica con quest'ultimo essendone
tuttora separata dalla
parte meridionale dell'Armenia) gli armeni e gli azeri nel 1921
numericamente
si equivalevano, entrambi i gruppi etnici costituendo circa il 50%
della
popolazione. Nel 1988, in seguito alla chiara politica anti-armena
dell'Azerbaigian, gli armeni si erano ridotti all’1,5%.
Adesso nessun armeno
risiede più in questa regione.
Avendo ben presente quanto accaduto nel Nakhidjevan, gli armeni del
Gharabagh
decisero di non fare la stessa fine dei loro connazionali di quella
regione.
Gli anni della Perestrojka
Approfittando delle libertà concesse dal regime,
gorbacioviano, il parlamento
regionale del Gharabagh, il 20 febbraio del 1988, decretò a
stragrande
maggioranza, il distacco della regione dall'Azerbaigian e la riunione
all'Armenia. Questa decisione fu giudicata nulla da parte
dell'Azerbaigian e
del governo centrale sovietico. Dopo una settimana, alla fine di
febbraio, a
Sumgait, grossa città industriale dell'Azerbaigian, si
scatenò (con la
complicità delle autorità) un pogrom contro gli
armeni: ne furono uccise alcune
centinaia. I responsabili e i mandanti di questo massacro non furono
perseguiti, anzi, la popolazione locale richiese a gran voce il
rilascio dei
pochi arrestati, poiché considerati eroi nazionali. Al
pogrom di Sumgait fecero
seguito nel novembre del 1990, altri massacri di armeni
nell'Azerbaigian: a
Kirovabad (attuale Gandjà) e a Bakù. In seguito a
ciò in Armenia si tennero
numerose manifestazioni di protesta senza che però
degenerassero in atti di
ritorsione contro gli azeri colà residenti; tutto si svolse
in maniera pacifica
e senza incidenti di sorta. Analoghe proteste si ebbero nel Gharabagh,
regione
della quale erano originari molti armeni di Sumgait, Kirovabad e
Bakù.
Ebbe così inizio un massiccio e precipitoso esodo degli
armeni
dall'Azerbaigian; rimasero solo quelli residenti nel Gharabagh che fu
sempre di
più cinto d'assedio da parte dell'Azerbaigian: interrotte
tutte le
comunicazioni (stradali, telefoniche) con l'Armenia, iniziarono gli
assalti
contro i villaggi armeni, il blocco dell'invio di alimenti nella
regione. Vista
questa situazione sempre più grave, il Cremlino il 12
gennaio 1989 decretò lo
scioglimento di tutti gli organi amministrativi della regione che fu
posta
sotto la diretta giurisdizione del governo centrale sovietico,
sottraendola, di
fatto, al controllo dell'Azerbaigian di cui formalmente continuava a
far parte.
Ma in seguito alla protesta degli azeri, il 28 novembre dello stesso
anno
questa decisione fu annullata e il Gharabagh ritornò sotto
il pieno controllo
dell'Azerbaigian che, abolendo l'autonomia di questa regione,
intensificò
sempre di più il blocco del Gharabagh e le azioni
d’intimidazione contro la
popolazione armena (uccisioni, assalti contro villaggi armeni,
abigeati). In
seguito a questa decisione del Cremlino le autorità azere
poterono anche
usufruire del consistente aiuto loro fornito da parte dei reparti
dell'Armata
Rossa distanziati in Azerbaigian, che in molti casi si prestarono a
servire da
braccio armato all'azione di pulizia etnica iniziata dagli azeri. Nel
gennaio
del 1990 ci fu infine il nuovo pogrom contro i pochi armeni ancora
rimasti a
Bakù.
Le persecuzioni contro gli armeni, con il passare del tempo, subirono
un
continuo crescendo costringendo così questi ultimi a
difendersi con le armi.
Per tutta risposta, nell'aprile del 1991, le truppe azere, sempre
coadiuvate da
eserciti dell'Armata Rossa, iniziarono un vasto assalto contro tutto il
Gharabagh: agli armeni fu chiesto di scegliere fra lasciare la regione
entro
2-3 giorni o farsi uccidere. 23 villaggi armeni furono così
evacuati mentre
centinaia di armeni inermi furono uccisi.
Non va qui sottaciuto che il movimento che avrebbe poi condotto alla
dissoluzione dell'URSS ricevette un grande impulso dalle imponenti
manifestazioni di piazza in Armenia, ove l'antisovietismo spesso
degenerò anche
in atteggiamenti ostili nei confronti della Russia. Quindi la posizione
anti-armena assunta dall'Armata Rossa nel Gharabagh va interpretata
come
un'azione punitiva nei confronti dell'atteggiamento anti-russo assunto
da vari
dirigenti del movimento antisovietico in Armenia e, anche, come
un'azione volta
al ripristino della legalità in un paese, l'Azerbaigian, che
fino allora aveva
dimostrato fedeltà a Mosca. Dopo questi tragici fatti presso
gli armeni
acquisirono sempre maggior consistenza l'idea di ricorrere alle armi
per
tutelare i propri diritti: iniziò così la
guerriglia partigiana nel Gharabagh.
La
Repubblica del Gharabagh
In seguito al fallito golpe dell'agosto 1991 (e al susseguente
dissolvimento
dell'URSS con la proclamazione dell'indipendenza da parte delle varie
repubbliche che la costituivano) il Gharabagh (subito dopo che anche
l'Azerbaigian si era ufficialmente dichiarato indipendente), il 12
settembre
1991 proclamò la propria indipendenza con unanime decisione
dei suoi
amministratori e rappresentanti eletti alle varie cariche locali. Il 10
dicembre dello stesso anno, con un referendum al quale
partecipò il 91,4% degli
aventi diritto, tale decisione fu plebiscitariamente ratificata con il
voto a
favore del 99,69% dei votanti.
Il 28 dicembre 1991, alla presenza di più di cinquanta
osservatori stranieri,
si svolsero le elezioni del parlamento della neonata Repubblica del
Gharabagh. Dovevano
essere eletti ottantanove deputati, undici dei quali di etnia azera, ma
pur
avendo ricevuto i certificati elettorali, gli azeri si rifiutarono di
votare
(come avevano fatto nelle precedenti occasioni). Rimasero in palio
quindi solo settanta
seggi per i quali concorsero 168 candidati.
Il 6 gennaio 1992, alla presenza di cinquanta deputati su cinquantuno
eletti
(in molte zone non era stato possibile recarsi alle urne a causa dei
bombardamenti azeri) fu inaugurato il parlamento della Repubblica del
Gharabagh.
Fu eletto il presidente e, per proposta di quest'ultimo, il presidente
del
consiglio dei ministri che poi costituì il governo. Nel
frattempo si
accentuarono sempre di più le azioni di guerra da parte
dell'Azerbaigian (con
l'uso di armi vietate dai trattati internazionali) tendenti a stringere
il
Gharabagh in una morsa per poi soffocarlo, oltre al blocco di qualsiasi
tipo di
comunicazione (stradale, ferroviaria, telefonica ecc.), fu interrotta
l'erogazione di acqua, gas ed elettricità; città
e villaggi furono sottoposti a
un quotidiano e continuo bombardamento (aereo e di artiglieria) che
causò
migliaia di vittime.
In seguito alla proclamazione dell'indipendenza dell'Azerbaigian,
l'affiliata
Armata Rossa cominciò a ritirarsi e, secondo gli accordi raggiunti,
lasciò agli azeri
un'ingente quantità di materiale bellico, che sarebbe stato
poi usato contro
gli armeni, del Gharabagh e dell'Armenia.
Ma con il ritiro delle forze sovietiche vennero a trovarsi di fronte
soltanto
armeni e azeri e a questi ultimi venne a mancare il sostegno in
precedenza loro
fornito da parte dei militari sovietici. L'esercito azero, ancora in
embrione,
dovette così affrontare i guerriglieri armeni che in alcuni
anni avevano già
acquisito una notevole esperienza che permise loro di sconfiggere gli
azeri in
varie battaglie e di impadronirsi di un'ingente quantità di
materiale bellico
che a sua volta aumentò di molto le loro capacità
difensive.
Con la proclamazione dell'indipendenza, l'Azerbaigian da un lato perse
il
sostegno fornitogli in precedenza dall'esercito sovietico, ma d'altro
canto
(oltre a venire in possesso di un'ingente quantità di
armamenti) acquisì
completa libertà d'azione per risolvere, secondo i propri
intendimenti, la
vertenza del Gharabagh senza che vi fosse più a questo
proposito, alcun freno
da parte di Mosca. Quindi le azioni belliche e l'assedio di questa
regione
furono intensificati e in pratica non rimase un centro abitato che non
fosse
bersaglio di assalti o bombardamenti.
Da parte sua il governo della neo-proclamata repubblica di questa
regione reagì
con azioni di guerriglia condotte da gruppi di partigiani, sempre di
più
inquadrati in quello che divenne poi l'esercito regolare del Gharabagh.
Ma il
fatto che questa regione fosse completamente inglobata in territorio
azero
(senza alcuna frontiera con altri stati) e l'andamento molto
frastagliato della
linea di confine fra Gharabagh e Azerbaigian, per cui lunghe lingue di
terra
azere si protendevano nel territorio della regione contesa, rendeva
molto
vulnerabile quest'ultima e impossibile un puntuale rifornimento di
generi di
prima necessità.
Per questo motivo la strategia degli armeni che inizialmente fu
esclusivamente
difensiva, volta soltanto a respingere i vari attacchi, pian piano si
trasformò
in offensiva per rompere l'accerchiamento e costituire una fascia di
sicurezza
tutt'attorno alla regione per neutralizzare le varie basi donde erano
bombardati i centri abitati e mettere così al sicuro dai
bombardamenti tutto il
territorio del Gharabagh.
La difesa del Gharabagh
Nel maggio del 1992 gli armeni del Gharabagh, rompendo l'assedio,
riuscirono a
creare, attorno alla città di Lacin, un corridoio lungo
circa dieci chilometri
e larghi sei, che uniscono il Gharabagh all'Armenia e che è
noto come
"corridoio umanitario di Lacin". La conquista del "corridoio di
Lacin" se da un lato servì a far giungere aiuti umanitari
(cibo,
medicinali) alla popolazione del Gharabagh, stremata da un lungo
assedio, da un
altro non risolse il problema della sua sicurezza, poiché
gli azeri,
circondando ancora quasi completamente tutta la regione, continuavano a
bombardarne città e villaggi, da postazioni dislocate in
territorio azero lungo
tutto il perimetro del confine con il Gharabagh. Dopo circa un mese,
nel giugno
1992 l’Azerbaigian scatenò una vasta offensiva nel nord
del Gharabagh (nelle
province di Shahumian e Mardakert) dal quale dovettero fuggire
più di 40.000
armeni. Anche in quest'occasione le milizie azere diedero inizio a
un'ondata di
massacri contro tutti quegli armeni che non avevano potuto mettersi in
salvo.
La controffensiva del Gharabagh si sviluppò dal marzo 1993
con l'allargamento
del corridoio di Lacin e la conquista della provincia di Kelbagiar
(incuneata
fra Armenia e Gharabagh a nord di Lacin). Nell'estate si
sviluppò a est, con la
presa di Aghdam, la principale base donde partivano gli attacchi contro
la
regione.
Parallelamente allo svilupparsi di questa controffensiva
diminuì l'estensione
del confine da difendere e gran parte della regione fu posta al sicuro
da
attacchi e bombardamenti azeri. Ciò permise una timida
ripresa delle attività
agricole nel Gharabagh, cosa molto importane per i suoi abitanti
sottoposti da
vari anni a un'economia di guerra.
Nello stesso periodo, in seguito a varie battaglie, circa la
metà del
territorio occupato dagli azeri nel giugno dell'anno precedente fu
riconquistata dalle forze armate del Gharabagh, mentre nella restante
parte
ancora occupata iniziò un movimento di guerriglia da parte
di sfollati da
quelle zone.
La conquista di Kelbagiar e di Aghdam da parte delle forze armate del
Gharabagh
fu prontamente condannata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU che
pretese anche
l'immediato ritiro degli armeni da queste zone. Un'analoga condanna
però non ci
fu quando l'anno precedente l'Azerbaigian occupò le province
di Shahumian e di
Mardakert nel Gharabagh. Segno evidente che nei confronti del Gharabagh
fu
adottata una politica di due pesi e due misure.
I rovesci militari subiti dall'Azerbaigian lo costrinsero ad accettare
una
tregua delle operazioni belliche. Questa tregua, da sempre sostenuta
dagli
armeni, fu da questi ultimi rispettata, anche quando da parte azera si
riprendevano i combattimenti. Quale segno di buona volontà
l'esercito del
Gharabagh varie volte istituì delle tregue unilaterali, come
pure
unilateralmente si ritirò da varie posizioni occupate in
territorio azero.
Quando però la rottura della tregua da parte azera si
ripeté sempre più spesso
(e ogni volta con attacchi di maggior intensità), anche
l'esercito del Gharabagh
riprese, le ostilità e, nel corso di una controffensiva, a
fine ottobre del
1993, conquistò le province di sud-ovest dell'Azerbaigian,
raggiungendo cosi il
confine azero-iraniano sul fiume Arax e tenendolo sotto controllo per
una
lunghezza di circa 160 chilometri.
L'offensiva azera
Parallelamente all'evolversi della situazione bellica si andarono
sviluppando
varie iniziative internazionali, volte a instaurare un dialogo fra le
parti al
fine di porre termine al conflitto.
I primi timidi tentativi d'incontro fra autorità azere e
rappresentanti del
Gharabagh fecero presumere che fosse iniziata la fase del regolamento
pacifico
della vertenza. D'altro canto le bellicose dichiarazioni del presidente
azero
Aliev, secondo il quale l'Azerbaigian si sarebbe impossessato con la
forza di
tutto il territorio conteso, evidenziarono chiaramente il fatto che i
timidi
accenni di regolazione negoziale del conflitto non erano altro che
espedienti
per ottenere il cessate il fuoco e, guadagnando tempo, riorganizzare
l'esercito
azero per l'offensiva decisiva. Difatti nell'autunno del 1993
l'Azerbaigian
acquistò un notevole quantitativo di armamenti pesanti,
veicoli blindati e
aerei da combattimento, dall'Ucraina che in seguito al contenzioso con
la
Russia ha una grande necessità del petrolio azero. La
Turchia dal suo canto
oltre a sostenere in campo internazionale l'Azerbaigian, gli
fornì un notevole
quantitativo d'armi ed elicotteri da combattimento. Oltre
ciò circa 5.000
consiglieri militari turchi si recarono in Azerbaigian per addestrarne
l'esercito, mentre un certo numero di ufficiali azeri si trova in
Turchia per
seguire dei corsi di addestramento. Inoltre alcuni enti statunitensi e
inglesi,
interessati al petrolio di Bakù, inviarono, sotto mentite
spoglie, vari istruttori
e consiglieri militari. Infine l'Azerbaigian ha assoldato molti
mercenari di
varie nazionalità: russi, ucraini, turchi, americani,
inglesi ed anche un
contingente di alcune migliaia di mujaheddin afgani. A questi ultimi fu
affidato
l'incarico di sostare dietro le prime linee e sparare sui soldati azeri
in
ritirata. Nonostante questo ingentissimo sforzo bellico (e le armi
acquistate
anche dalla Cina), l'Azerbaigian non riuscì a fiaccare la
resistenza del
Gharabagh: a fine febbraio 1994 la linea del fronte non si era spostata
rispetto al periodo precedente l'offensiva del 18 dicembre 1993; gli
azeri non
erano riusciti ad avanzare da nessuna parte, ma avevano pagato un
altissimo
tributo di sangue con migliaia di soldati morti (e abbandonati sul
campo e non
riportati in patria per non suscitare le ire della popolazione azera
evidentemente stanca di questa guerra) e moltissimi prigionieri. Le
perdite del
Gharabagh, seppure notevoli, fossero di molto inferiori a quelle
dell'Azerbaigian.
Nel maggio del 1994 iniziò una tregua d'armi lungo tutto il
confine fra
Gharabagh e Azerbaigian. Tale tregua è stata fino a ora
rispettata.
Accanto a quest'aspetto prettamente militare va ricordato che a livello
politico l'autorità della neonata "Repubblica del
Gharabagh" si
è andata vieppiù rafforzando. C'è un
parlamento e un governo, con nove
ministeri e sette dipartimenti statali. Si sta inoltre elaborando una
costituzione; c'è un esercito piccolo, ma molto efficiente.
Il 22 dicembre 1994
Robert Kociarian, che fino allora era il presidente del Comitato
Statale di
Difesa (istituzione facente le funzioni del governo nel periodo
bellico) fu
eletto dal parlamento presidente della Repubblica del Gharabagh, carica
nella
quale fu plebiscitariamente riconfèrmato due anni dopo in
seguito ad una
consultazione popolare, indetta in seguito all'emanazione della nuova
legge
sull'elezione del presidente della repubblica. Fu quindi costituito un
governo
sotto la presidenza di Leonard Petrossian. Tutto ciò fu
possibile in seguito
alla lunga tregua d'armi iniziata nel maggio del 1994. In seguito alla
riconquista di territori precedente occupati dagli azeri molti armeni
che erano
emigrati in seguito alla "pulizia etnica" attuata dagli azeri, hanno
fatto ritorno alle proprie case. Solo nel corso del 1994 ritornarono
circa
24000 sfollati; molti altri vorrebbero seguirli, ma le case ricostruite
non
sono ancora sufficienti per assicurare un tetto a tutti quelli che
vogliono far
ritorno. Hanno ripreso le attività agricole (essenziali in
questa regione) e
così pure, seppur a ritmo ridotto, anche alcune fabbriche
hanno riaperto i
battenti; è stata poi istituita un'università,
con cinque facoltà e un corpo
docente di più di 130 insegnanti. Infine non va dimenticato
che gran parte del
territorio appartenente all'ex "Regione Autonoma del Gharabagh"
è
saldamente sotto il controllo delle autorità di questa
repubblica e così pure
una fascia di territorio azero di pari estensioni ove però
non si sono
stabiliti insediamenti di armeni poiché che il governo del
Gharabagh ha
ripetutamente affermato di non volersi annettere territori appartenenti
all'Azerbaigian. Questa fascia di territorio serve solo da "zona
cuscinetto", per non permettere che i centri abitati del Gharabagh
possano
essere colpiti da postazioni azere circondanti la regione, ma va anche
ricordato che in queste zone fino a pochi anni fa vi era una notevole
presenza
di armeni, essendo stato tutto questo territorio una parte integrante
dell'Armenia storica, come lo dimostrano vari monumenti ancora presenti
in gran
numero in tutte le province poste di recente sotto controllo armeno.
Nel marzo del 1997 il presidente del Gharabagh, Robert Kociarian, su
richiesta
del presidente dell'Armenia, assunse l'incarico di presidente del
Consiglio dei
Ministri della Repubblica Armena e per questo motivo
rassegnò le sue dimissioni
da presidente del Gharabagh. Per sostituirlo fu indetta una nuova
consultazione
popolare nel corso della quale, il 10 settembre 1997, con un
larghissimo
margine di voti, fra tre candidati in lista, fu eletto presidente della
repubblica del Gharabagh Arkadi Ghukassian che fino allora aveva
ricoperto la
carica di ministro degli esteri.
Va qui ricordato che in occasione di tutte le consultazioni elettorali
indette
nel Gharabagh, dalla proclamazione dell'indipendenza in poi, si sono
colà
recati numerosi osservatori stranieri per controllare lo svolgimento
delle
operazioni di voto e lo spoglio delle schede elettorali. Tutti questi
osservatori stranieri, in occasione di tutte le votazioni, hanno
unanimemente
affermato che le elezioni si sono svolte nella massima
regolarità e nel pieno
rispetto delle regole democratiche tanto da poter servire da esempio
per molti
paesi, anche nell'Occidente.
Le mediazioni internazionali
I tentativi delle missioni di pace per por fine al conflitto fra
Gharabagh e
Azerbaigian negli anni scorsi diedero scarsi risultati. Solo grazie a
una
mediazione iraniana fu possibile raggiungere nel marzo 1992 un cessate
il fuoco
di alcune settimane, che però fu scarsamente rispettato da
parte azera. I
precedenti tentativi della Russia e del Kazakistan, pure, non ebbero
alcun
esito positivo e così anche la ventilata mediazione turca
aborti poiché questo
paese oltre a sostenere apertamente l'Azerbaigian nelle varie assise
internazionali,
gli offre anche un notevole aiuto militare con l'invio
d’istruttori e anni. Dal
punto di vista politico, su iniziativa della CSCE (poi trasformata in
OSCE),
iniziò una lunga mediazione per portare a una conferenza di
pace armeni e
azeri.
Tale conferenza avrebbe dovrebbe tenersi a Minsk (Bielorussia), ma uno
dei
principali ostacoli che impedì il buon esito delle
trattative fu il problema
della partecipazione del Gharabagh alle trattative stesse dato che
l'Azerbaigian e la Turchia si opposero alla presenza ufficiale dei
delegati
della Repubblica del Gharabagh, viceversa le autorità di
quest'ultima fecero
notare che il destino di questa regione non poteva essere stabilito da
altre
nazioni, senza la partecipazione e l'assenso degli abitanti del
Gharabagh.
L'Azerbaigian sarebbe stato favorevole a una partecipazione paritaria
dei
rappresentanti delle" comunità azere e armene" del
Gharabagh, ma in
tale maniera, oltre ad escludere dalle trattative il governo della
regione (che
costituisce l'unica autorità reale e democraticamente
costituita del
Gharabagh), la maggioranza armena e la minoranza azera avrebbero avuto
eguale
peso politico nel corso delle trattative. Fino ad ora nessuno stato ha
riconosciuto l'indipendenza del gharabagh, anche se, di fatto,
ciò è un dato
acquisito tant'è vero che nel corso dell'azione svolta in
ambito CSCE l'on.
Raffaelli, nella sua qualità di presidente della conferenza
di pace, si rivolse
ripetutamente anche ai dirigenti del Gharabagh e si recò in
questa regione
incontrandosi con le autorità locali. E così pure
fecero il suo successore e
vari altri mediatori ufficiali.
A fine luglio 1993 poi, in seguito ai rovesci bellici subiti
dall’Azerbaigian,
una delegazione di quest'ultimo (a livello di ministri o vice-ministri)
s’incontrò
con una delegazione del Gharabagh, ma poco dopo la fine, le
autorità di Baku
sconfessarono il lavoro della loro delegazione affermando che non era
stata
autorizzata. Ma, poiché non è possibile negare
che questo incontro sia avvenuto,
è evidente che anche l'Azerbaigian ha riconosciuto
l'esistenza "de
facto" del Gharabagh quale stato indipendente.
Parallelamente allo svilupparsi di queste iniziative, si
notò un affievolimento
dell'impegno dell’OSCE nei riguardi della soluzione del
problema del Gharabagh,
mentre andò sempre più aumentando l'influenza
della Russia nel Caucaso. Mosca
ha varie volte chiaramente fatto capire che ritiene tutto il territorio
dell'ex
URSS (ad eccezione, forse, dei paesi Baltici) sua zona d'influenza. Per
questo
motivo desidera installare delle basi militari anche fuori dei suoi
confini,
cosa che ha già fatto in Georgia e in Armenia, ove il
vecchio confine dell'URSS
è presidiato dall'esercito russo. Ciò non si
è invece verificato in Azerbaigian
il cui governo si rifiuta di ospitare militari russi sul proprio
territorio, palleggiato
in ciò dalla Turchia che sarebbe favorevole alla presenza di
militari russi
solo a condizione che vi sia anche una paritaria permanenza di soldati
turchi.
In seguito al consolidamento e al rafforzamento del Gharabagh
mediazioni e le
pressioni internazionali nei confronti di quest'ultimo e dell'Armenia
sono
andate sempre più aumentando, al fine di costringere gli
armeni a ritirarsi dalle
posizioni strategiche conquistate a Kelbagiar, Aghdam e a sud della
regione.
Sono stati elaborati anche vari calendari con precise scadenze
riguardanti il
solo ritiro delle forze armene; viceversa non si è fatto
nessun cenno alle zone
del Gharabagh occupate dagli azeri.
Il governo del Gharabagh da parte sua ha fatto presente che non ha
nessun'intenzione di annettersi porzioni di territorio azero, ma
considera difficile
evacuare le zone occupate fino a che in Azerbaigian non c'è
un governo stabile
e che riconosca l'indipendenza della regione e dia garanzie sufficienti
di
rispettarla. D'altro canto i vari mediatori internazionali non sono
riusciti a
dare una chiara risposta alla domanda loro rivolta dai dirigenti del
Gharabagh
che volevano conoscere quali garanzie (reali e non teoriche) vi fossero
che gli
azeri, una volta ritirati gli armeni dalle zone occupate, non avrebbero
ripreso
la loro politica di pulizia etnica nei confronti del Gharabagh. In
pratica si
pretenderebbe che gli armeni evacuino unilateralmente tutte le regioni
azere
attornianti il Gharabagh senza nessuna contropartita da parte azera e
senza
avere alcuna garanzia che l'Azerbaigian, ritornato in possesso di
posizioni
strategicamente a lui favorevoli non riprenda a bombardare o attaccare
i centri
abitati del Gharabagh. E' evidente che una simile richiesta non poteva
essere
accettata da parte del Gharabagh. Comunque, per dimostrare la propria
buona
volontà, il Gharabagh ha sottoscritto il 9 maggio 1994 un
documento che lo
impegna a ritirarsi dalle zone occupate. Ma anche questo documento
è rimasto
lettera morta dato che l'Azerbaigian (che pure l'aveva sottoscritto e
poi
sconfessato) non ha rispettato le clausole che lo riguardavano
(cessazione del
blocco e dei bombardamenti).
Va anche preso in considerazione il fatto che l'Azerbaigian negli
ultimi anni è
stato caratterizzato da una grande instabilità politica, con
pronunciamenti
militari sommosse di piazza e l'avvicendarsi di tre presidenti della
repubblica
in poco più di un anno (Mutalibov, Elcibey, Aliyev).
Con la ripresa dell'influenza russa nel Caucaso sono anche aumentate le
sue
iniziative per giungere a un accordo di pace fra Gharabagh e
Azerbaigian, ma
fino ad ora non hanno dato alcun esito a causa della pretesa azera di
un ritiro
incondizionato degli armeni prima dell'inizio delle trattative. Grazie
all'iniziativa russa dal 12 maggio 1994 è iniziato un
armistizio di fatto fra i
due belligeranti e il 27 luglio 1994, in seguito alla mediazione russa
e
dell'OSCE, a Mosca i delegati dei governi dell'Armenia,
dell'Azerbaigian e del Gharabagh
hanno sottoscritto un documento che li impegnava a cessare il fuoco. Da
parte dell’Armenia
e del Gharabagh sono state decretate severe misure nei confronti di
quei loro
reparti che non lo avessero rispettato. L'Azerbaigian, pur mantenendo
la tregua,
varie volte ha dato origine a scaramucce sia contro i confini
dell'Armenia che
del Gharabagh, che molte volte non hanno risposto a queste
provocazioni. Nel
frattempo si è notato un rafforzamento del dispositivo
bellico azero, con
acquisto d’ingenti quantitativi di armi e spostamento di
reparti in prossimità
del Gharabagh, ciò che ha fatto pensare ai dirigenti di
quest'ultimo che il
cessate il fuoco fosse considerato dall'Azerbaigian solo come un
pretesto per
avere un po' di respiro e prepararsi per una nuova offensiva.
Nel frattempo l'Azerbaigian ha sempre insistito oltre che nel non
riconoscere
il governo del Gharabagh, anche nel pretendere che l'esercito di
quest'ultimo
evacui tutto il territorio conquistato all'Azerbaigian, anche quella
fascia della
regione contesa che si trova in prossimità dell'Armenia.
Tutto ciò senza che
preventivamente non sia stato definito lo stato giuridico del Gharabagh
né vi
siano sostanziali garanzie che, una volta ritirati i reparti del
Gharabagh da
posizioni strategicamente importanti, l'Azerbaigian non avrebbe
assalito la
regione contesa.
Petrolio e Gharabagh
In seguito al consolidarsi dell'armistizio, l'OCSE e il suo "Gruppo di
Minsk" che fino allora erano rimasti un po' in disparte lasciando che
la
Russia facesse la parte del leone, hanno ripreso una certa iniziativa,
dimostrando un notevole dinamismo; ciò ha infastidito la
Russia che vorrebbe
gestire da sola, sotto il solo ombrello della CSI, l'intera questione
considerando tutti i territori dell'ex URSS zona di suo vitale
interesse e di
sua esclusiva influenza. A ciò si deve aggiungere il
sotterraneo conflitto fra
Russia da un lato e Stati Uniti e Turchia dall'altro per il controllo
del
petrolio azero. L'Azerbaigian, il 20 settembre 1994, ha firmato un
contratto per
un importo iniziale di sette miliardi di dollari (ai quali si
è aggiunto un
altro contratto per altri dieci miliardi di dollari) con varie
compagnie
petrolifere occidentali per prospezioni nel Mar Caspio e sfruttamento
del suo
petrolio. Questo contratto lascerebbe a una compagnia russa solo il 10%
mentre
tutto il resto passerebbe a multinazionali occidentali e, ovviamente,
all'Azerbaigian. Contro questo contratto si sono espressi, oltre alla
Russia
anche gli altri paesi rivieraschi del Mar Caspio: il Kazakistan, il
Turkmenistan e l'Iran. Vi è inoltre il problema di un
eventuale oleodotto che
dovrebbe portare il petrolio di Baku in Occidente. La Turchia vorrebbe
che
passasse dal suo territorio con un terminale in un suo porto del
Mediterraneo,
mentre la Russia vorrebbe che il terminale sia in un porto russo del
Mar Nero,
cosa cui la Turchia si oppone.
Il 5 e 6 dicembre 1994, nell'ambito della periodica conferenza
dell'OCSE
tenutasi a Budapest, è stata trattata anche la questione del
Gharabagh ed è
stato deciso di istituire una presidenza a due costituita da un
co-presidente
russo e da un altro co-presidente scelto, a rotazione, fra gli altri
paesi
dell'OCSE, per cercare, in questo modo, di superare l'ostacolo
rappresentato
dall’antagonismo tra Russia e OSCE. E' stato inoltre
stabilito di inviare delle
truppe di pace in quella regione, senza però definire i
dettagli riguardanti
quest'operazione. Inoltre è rimasto irrisolto il problema
principale se cioè
gli armeni del Gharabagh debbano ritirarsi prima (come vogliono gli
azeri) o
dopo (come vogliono gli armeni) che sia stabilito lo stato giuridico
futuro
della regione Nell'ambito della mediazione patrocinata dall'OCSE (con
la
co-presidenza russa) il Gharabagh ha acquisito pari dignità,
assieme
all'Armenia e all'Azerbaigian, e partecipa a pieno titolo con suoi
rappresentanti ufficiali, alle varie trattative. Superato quindi
l'ostacolo
della presenza del Gharabagh, ne è sorto un altro, creato da
parte
dell'Azerbaigian. Quest'ultimo, dando per scontato che il Gharabagh
dovrà
ritirarsi dalle zone occupate, pretende, che si ritiri anche dal
"corridoio di Lacin" (che collega la regione all'Armenia) e dalla
città di Shushi, che si trova nel territorio della regione,
in prossimità dello
stesso corridoio. Qualora fosse accolta questa richiesta gli azeri,
oltre a
circondare completamente il Gharabagh, avrebbero il completo controllo
delle
vie di comunicazione che uniscono questa regione all'Armenia. Per
questo motivo
il Gharabagh si è sempre rifiutato di accettare una simile
richiesta.
Un altro problema, seppur più marginale è
costituito dalla composizione delle
eventuali truppe d'interposizione. La Russia vorrebbe che fossero tutte
provenienti dai paesi della CSI, mentre l'OCSE vorrebbe che le truppe
di uno
stato non superino un sesto del totale. Inoltre la Turchia si
è detta disposta a
inviare truppe, mentre il Gharabagh, ritenendo questo stato un alleato
dell'Azerbaigian, è nettamente contrario a una
partecipazione di militari
turchi.
Il contratto di diciassette miliardi di dollari per lo sfruttamento del
petrolio azero si è rivelato un'arma, in mano alle
autorità di Baku, per
spingere le potenze occidentali, tramite le potenti lobbie delle
multinazionali
del petrolio interessate allo sfruttamento dei giacimenti azeri, a fare
pressione sull'Armenia e il Gharabagh affinché accettino una
soluzione
favorevole all'Azerbaigian. Quest'ultimo cioè cercherebbe di
vincere usando
l'arma del petrolio, laddove è stato sconfitto con le armi.
Tutto ciò spiega la
frenetica attività dei mediatori internazionali al fine di
arrivare a un
trattato di pace favorevole all'Azerbaigian.
Per questo motivo si riunì a Lisbona, nel dicembre del 1996,
un summit
dell'OCSE nel corso del quale tutti i partecipanti si espressero a
favore del
mantenimento dell'integrità territoriale dell'Azerbaigian.
Solo l'Armenia si
oppose e, usando il proprio diritto di veto, impedì che
questa conferenza
adottasse, come documento ufficiale conclusivo dei propri lavori, una
risoluzione che riconoscesse l'integrità territoriale
dell'Azerbaigian. Dato
questo veto dell'Armenia la conferenza ripiegò su una
dichiarazione ufficiale
del proprio presidente che riconosceva l'integrità
territoriale
dell'Azerbaigian.
Dalla conferenza di Lisbona in poi si andarono sempre più
intensificando le
pressioni internazionali sull'Armenia, per spingerla ad adottare una
soluzione
in favore del mantenimento del Gharabagh nell'ambito territoriale
dell'Azerbaigian.
Fu quindi elaborato un nuovo progetto di pace da sottoporre alle parti
contendenti.
Il contenuto del documento fu mantenuto segreto, ma da indiscrezioni
trapelate
si è compreso che questo piano di pace prevedeva il ritorno
del Gharabagh sotto
sovranità azera, con un’ampia autonomia culturale
per questa regione. AI
Gharabagh era vietato avere forze armate (ad eccezione di un minuscolo
corpo di
polizia), in compenso gli si permetteva di avere una propria bandiera,
una
Costituzione e uno stemma. E' evidente che un piano del genere sarebbe
stato
rifiutato dal Gharabagh in guanto che la sua accettazione avrebbe
significato
una resa senza condizioni all'Azerbaigian. E infatti il Gharabagh lo
rifiutò
argomentando che questo progetto di pace contemplava esclusivamente
concessioni
unilaterali da parte del Gharabagh.
In concomitanza con la preparazione della conferenza al vertice di
Lisbona,
anche la presidenza del comitato di mediazione per il conflitto del
Gharabagh
subì una modifica. In luogo dei due co-presidenti (di cui
uno sempre russo e
l'altro scelto a rotazione fra gli altri stati membri dell'OCSE) si
stabilì di
averne tre, di cui uno sempre russo. Gli attuali co-presidenti sono
oltre ad un
russo, uno statunitense e un francese.
Presupposti per una soluzione
Sebbene alla base delle varie iniziative di pace intraprese a livello
internazionale
vi siano interessi geopolitici ed economici legati alle zone
d'influenza al
petrolio e alla sorda lotta fra Stati Uniti e Russia per il predominio
nelle
aree ex sovietiche, pur tuttavia questi interessi sono spesso
mascherati con
argomentazioni giuridiche basate sul concetto dell'integrità
territoriale e sul
fatto che il Gharabagh non è stato riconosciuto quale
repubblica indipendente
da nessuno stato.
A prescindere dal fatto che gran parte degli stati adesso indipendenti
ha
raggiunto l'indipendenza nazionale conquistandosela con l'uso della
forza e non
grazie al riconoscimento da parte di altri stati va notato che il
Gharabagh è
divenuto indipendente nel rispetto rigoroso della legge difatti quando
l'Azerbaigian proclamò la propria indipendenza dall'Unione
Sovietica il 10
settembre 1991, l'URSS era ancora formalmente esistente (si sarebbe
ufficialmente dissolta tre mesi dopo) e secondo la costituzione
sovietica
allora vigente qualora una repubblica facente parte dell'Unione
Sovietica (all'epoca
l'Azerbaigian) avesse decretato la propria indipendenza da quest'ultima
ogni
repubblica o regione autonoma facente parte della repubblica
secessionista
(come la Regione Autonoma del Gharabagh Montano) poteva a sua volta
recedere
dalla repubblica che si era distaccata dall'URSS. Orbene l'Azerbaigian
proclamò
la propria indipendenza il 10 settembre 1991 e il Gharabagh forte del
dettato
costituzionale sovietico allora in vigore, dichiarò la
propria secessione
dall'Azerbaigian, continuando a far parte dell'Unione Sovietica e
quindi con il
dissolversi di quest'ultima, ipso facto divenne indipendente. Per
ciò
l'indipendenza del Gharabagh ha tutti i crismi della
legalità.
Mentre per ciò che concerne la cosiddetta
integrità territoriale dell'Azerbaigian
e l'immodificabilità dei suoi confini occorre considerare
che i confini attuali
dell'Azerbaigian corrispondano a quelli esistenti quando c'era l'Unione
Sovietica. Erano, allora, dei confini amministrativi e non statali
poiché
l'Azerbaigian, al pari delle altre repubbliche sovietiche, non era uno
stato
indipendente non possedendo nessuno degli attributi che conferiscono
tale
qualifica (sovranità, esercito, rappresentanze diplomatiche
all'estero ecc.) ma
aveva un'autonomia più che limitata, dipendendo in tutto e
per tutto dal
governo centrale sovietico. L'Azerbaigian, quindi, al pari di tutte le
altre
repubbliche sovietiche, non costituiva uno stato nel senso classico di
questo
termine, ma una regione autonoma per cui anche i suoi confini
dell'epoca
sovietica non potevano essere considerati confini di stato, ma
semplicemente
dei confini amministrativi interni, separanti una regione sovietica da
un'altra. Per questo motivo i confini dell'Azerbaigian sovietico non
possono,
ipso facto, considerarsi validi anche per l'attuale repubblica
indipendente
dell'Azerbaigian e, di conseguenza, la modifica di questi confini, per
merito
del Gharabagh, non può costituire un atto di "lesa
integrità
territoriale".
Ma oltre ciò va notato che il Gharabagh poteva permanere
nell'ambito
dell'Azerbaigian fintantoché esisteva l'Unione Sovietica il
cui governo
centrale, limitando l'autonomia dei governanti delle varie repubbliche,
costituiva anche un fattore di tutela delle varie minoranze etniche,
poiché il
Cremlino aveva il potere di equilibrare e, all'occorrenza, ostacolare e
impedire, le intemperanze nazionaliste dei governanti azeri. Ora,
dissoltasi
l'Unione Sovietica, anche questa sua azione di tutela delle minoranze
è venuta
a mancare e perciò viene pure a mancare uno dei presupposti
in base al quale il
Gharabagh poteva far parte dell'Azerbaigian.
E' evidente che nella situazione creatasi il Gharabagh non
può continuare a far
parte dell'Azerbaigian. Infatti, sono state troppe, e durano da
decenni, le
persecuzioni di questo paese nei confronti degli armeni per cui
è impensabile
che, dati i precedenti, gli armeni possano sentirsi sicuri sotto la
sovranità
azera.
Ovviamente tutto ciò comporterebbe una modifica dei confini
dell'Azerbaigian,
cosa che non è veduta di buon occhio dall'Occidente per il
quale l'integrità
territoriale e l'intangibilità dei confini sono quasi un
dogma. Ma ciò può
costituire un dogma in Europa ove le minoranze etniche sono ampiamente
tutelate
e non perseguitate, ma quando questa tutela viene a mancare e le
minoranze sono
perseguitate, automaticamente anche questo principio
dell'integrità
territoriale cessa di essere valido perché in questo caso
ciò significherebbe
lasciare mano libera alle persecuzioni contro le minoranze. Va inoltre
aggiunto
che nella stessa Europa questo principio, anche recentemente, non
è stato
sempre rispettato. Infatti, sono mutati i confini della Germania, con
l'unione
della Germania Est alla Repubblica Federale Tedesca, mentre la
Cecoslovacchia
si è smembrata in due stati: Repubblica Cèca e
Repubblica Slovacca. Tutto ciò è
avvenuto in maniera pacifica, quindi si può a buon diritto
affermare che i
confini degli stati sono modificabili.
Ma, oltre all'integrità territoriale degli stati - principio
sul quale basano la
propria azione, i mediatori internazionali - vi è pure un
altro principio
giuridico, pure esso sancito dalla conferenza di Helsinki che diede
origine
alla CSCE. Si tratta del principio dell'autodeterminazione dei popoli
in base
al quale ogni popolo ha il diritto di stabilire il proprio destino.
Cosa che ha
regolarmente fatto il Gharabagh, scegliendo la propria indipendenza.
Orbene,
se, sminuendo il valore del principio dell'autodeterminazione dei
popoli e
assumendo come base per le trattative sul futuro del Gharabagh il
principio
dell'integrità territoriale (per altro opinabile nel caso
delI'Azerbaigian), ne
consegue che implicitamente si riconosce che un popolo (nella
fattispecie gli
azeri) ha il diritto di comandare a un altro popolo (gli armeni del
Gharabagh),
anche contro la volontà di quest'ultimo. Se così
fosse, si darebbe origine a un
mostro giuridico-politico ed è proprio per prevenire una
simile evenienza che
il diritto aII'autodeterminazione è preminente rispetto
all'integrità
territoriale degli stati e quest'ultimo principio è
subordinato al primo poiché
prima vengono i popoli e poi i governi, gli stati.
In fin dei conti se l'Eritrea ha potuto staccarsi dall'Etiopia e la
Slovacchia
dalla Repubblica Cèca, per quale motivo lo stesso diritto
non deve essere
riconosciuto al Gharabagh?
La popolazione di questa regione ha chiaramente dimostrato la propria
volontà d’indipendenza
e questa volontà non può essere ostacolata, ma va
solo rispettata. In ultima
analisi il diritto all'indipendenza non può essere concesso
solo ad alcuni
popoli dell'ex URSS e ad altri no. Il continuo richiamo alla tutela
dell'integrità territoriale dell'Azerbaigian altro non
è che un espediente per
perpetuare il dominio azero sugli armeni.
Quando, poi, vi sono dei confini ingiusti che penalizzano un popolo a
tutto
vantaggio di un altro, non può essere evocato il principio
dell'integrità
territoriale dato che, nella fattispecie, ciò si ridurrebbe
alla perpetua mento
di un'ingiustizia. Nel caso del Gharabagh, alla cui radice
c'è un'iniqua
decisione di Stalin, i confini devono essere rivisti, pacificamente,
con mezzi
politici, ma vanno rivisti. Non devono essere violati con la forza, ma
devono
essere pacificamente modificati.
E' vero che tutto ciò corrisponderebbe a una modifica dello
status quo
territoriale, cosa di cui l'Occidente aborre, ma è opportuno
anche considerare
che voler mantenere ad ogni costo lo status quo, molte volte
è più dannoso di
una sua modifica. Nella fattispecie se nel 1988, quando iniziarono i
movimenti di
protesta per il Gharabagh, il Cremlino avesse adottato una giusta
soluzione
della questione, la situazione non sarebbe peggiorata tanto quanto lo
è oggi.
Il voler mantenere lo status quo ad ogni costo ha fatto incancrenire il
problema a tal punto da pregiudicare non solo il presente, ma anche il
futuro
della convivenza fra armeni e azeri. E poiché questi due
popoli essendo vicini,
devono, volenti o non volenti, coesistere, sarebbe bene separarli
subito,
staccando il Gharabagh dall'Azerbaigian e facendo cosi raffreddare la
tensione
fra i due contendenti cosicché in futuro si potrà
instaurare un dialogo fra
essi. Viceversa il mantenimento forzato del Gharabagh nell'Azerbaigian
oltre a
mantenere sempre alta la tensione (e quindi essere molto più
destabilizzante)
non farebbe altro che peggiorare la situazione e rendere impossibile
anche in
futuro una regolazione del problema. Inoltre il mantenimento forzato
del
Gharabagh nell'Azerbaigian (cosa possibile solo con l'uso della forza e
con
l'aiuto esterno all'Azerbaigian, di per sé da solo incapace
di schiacciare la
resistenza armena) con il corollario di un sicuro massacro di armeni,
rinfocolando in questi ultimi sentimenti di odio e di rivalsa, li
spingerebbe
in uno stato di disperazione dalle conseguenze imprevedibili ponendo le
basi
per la creazione di una nuova Palestina nel Caucaso.
Non è poi da sottovalutare che il Gharabagh è
ormai saldamente in mano al
governo della repubblica creata in questa regione. L'Azerbaigian sta
cercando
di condurre una guerra di riconquista che finora si è
rivelata disastrosa per
quest'ultimo. Dal punto di vista dello stato giuridico della regione,
va notato
che quest'ultima, con il trattato del 1813 era entrata a far parte
dell'Impero
Russo e quindi del suo erede naturale, l'Unione Sovietica. Dissoltasi
quest'ultima e resosi l'Azerbaigian indipendente, sono venute meno le
basi su
cui si fondava l'appartenenza del Gharabagh all'Azerbaigian (non
potendo
quest'ultimo essere considerato l'erede dell'Unione Sovietica) e quindi
va rivisto
l'asserito diritto azero di mantenere nel proprio ambito statale il
Gharabagh.
E' vero che all'inizio, nel 1988, gli armeni reclamarono la riunione
del
Gharabagh all'Armenia, che sarebbe stata la soluzione più
equa e naturale, ma
ben presto, resisi conto delle difficoltà politiche che
ciò avrebbe comportato,
avevano preferito soluzioni alternative come la trasformazione della
regione
autonoma del Gharabagh in repubblica autonoma nell'ambito
dell'Azerbaigian,
oppure l'annessione del Gharabagh alla Repubblica Russa. Per gli armeni
l'essenziale era liberarsi dal giogo persecutorio dell'Azerbaigian, ma
quest'ultimo, invece di iniziare una politica di buoni rapporti con gli
armeni,
ha fatto il possibile per inasprirli ulteriormente In conclusione va
detto che
il conflitto in corso non è fra Armenia e Azerbaigian
sebbene quest'ultimo
asserisca che vi è uno stato di guerra fra questi due paesi.
In realtà
l'Azerbaigian con continui attacchi al territorio della repubblica
armena cerca
di coinvolgerla militarmente nella condotta dall'Armenia al fine
annettersi una
parte del territorio azero. Ma l'Armenia, secondo quanto ripetutamente
affermato dai propri governanti, desidera solamente che siano
riconosciuti e
rispettati gli inalienabili diritti della popolazione del Gharabagh e
qualunque
soluzione essi accettino, sarà accettabile anche per
l'Armenia nel conflitto
per dare a quest'ultimo i connotati di guerra.
Aggressione condotta dall’Armenia al fine annettersi una
parte del territorio
azero. Ma l’Armenia, secondo quanto ripetutamente affermato
dai propri
governanti, desidera solamente che siano riconosciuti e rispettati gli
inalienabili diritti della popolazione del Gharabagh e qualunque
soluzione essi
accettino, sarà accettabile anche per l’Armenia.
Conclusioni
Finora l'Occidente, se ha dimostrato simpatia nei confronti degli armeni
a
livello di opinione pubblica, ha anche, a livello di politica dei vari
stati,
dato un appoggio all'Azerbaigian poichè quest'ultimo
è "sponsorizzato" dalla
Turchia. Finché gli armeni del Gharabagh subivano
atrocità e rovesci militari
l'Occidente si è limitato a deplorazioni verbali, ma quando
gli armeni, presi
dalla disperazione, dopo quattro anni di continui bombardamenti,
privazioni e
massacri, hanno rotto l'accerchiamento azero, subito l'Occidente si
è
mobilitato per frenare l'aggressione armena, così
com’è stata definita la
disperata difesa di 180,000 armeni del Gharabagh in lotta contro
7.000.000 di
azeri spalleggiati da 50.000.000 di turchi.
In tutto ciò l'Occidente ha dimostrato di parteggiare per la
Turchia giacché desidera
affidarle la "tutela" delle varie repubbliche ex sovietiche dell'Asia
centrale, per sottrarle all'influenza dell'integralismo islamico
dell'Iran, considerando la Turchia più
affidabile perché laica e "occidentalizzata".
I governanti turchi prontamente hanno dato inizio a un'opera di
penetrazione in
Asia Centrale ed hanno a più riprese affermato che la sfera
d'influenza turca
si estende dall'Adriatico alla Cina. Resta ora da vedere che cosa
potrà essere
più pericoloso per l'Occidente: l'integralismo islamico o il
nazionalismo
pan-turco. E' da considerare seriamente quanto potrà essere
pericoloso per
l'Europa un " impero" turco che si estenda dall'Adriatico alla Cina,
così com'è sempre stato negli intendimenti,
palesi e occulti, della Turchia. C'è da chiedersi cosa potrà rappresentare, dal punto di
vista geopolitico, strategico,
militare, demografico ed economico un simile "impero", sostenuto dal
militarismo e dal nazionalismo turco e dal petrolio azero.
E' sulla via di quest’ambizioso progetto che la Turchia vuoIe
distruggere in
primo luogo il Gharabagh per poter poi fagocitare l'Armenia che
costituisce un
diaframma fra la Turchia e l'Azerbaigian.
La permanenza del Gharabagh nell'ambito territoriale di quest'ultimo
stato è
quindi voluta dalla Turchia per perseguire i suoi obiettivi di grande
potenza. L''Occidente non deve certo sostenere quest’ambizione turca
che, lungi
dall'essere una soluzione equa e giusta, creerebbe le premesse per la
costituzione di quell'impero turco che con la sua carica demografica e
militar-nazionalista rappresenterebbe certamente un serio pericolo per
l'Europa.
Una giusta soluzione consisterebbe nel riunire il Gharabagh
all'Armenia.
Sarebbe questa una soluzione equa che però sarebbe troppo
umiliante per
l'Azerbaigian. Per questo motivo una repubblica indipendente del
Gharabagh
sarebbe la soluzione migliore, senza vincitori
né vinti, non umilierebbe
l'Azerbaigian (poiché che questa regione non sarebbe annessa
all'Armenia), non
farebbe stravincere quest'ultima (poiché la regione contesa
rimarrebbe fuori
dei suoi confini) e infine tutelerebbe i diritti della popolazione
locale che
si è democraticamente e plebiscitariamente espressa a favore
dell'indipendenza.
Ciò favorirebbe inoltre il ripristino della pace nel
Caucaso, regione ove
l'Armenia, paese occidentale per cultura e tradizioni, potrebbe
realizzare una
fruttuosa politica di sviluppo e di stabilità, in stretto
legame con l'Europa.
(Testo tratto dal portale comunitaarmena).
Cartina
Gharabagh