GHARABAGH MONTANO - LA PROVINCIA ARMENA DI ARTSAKH
                                                                                                                                             

Il Gharabagh Montano, o Nagorno Karabach, (in russo nagorno significa montano e la scrittura Karabach deriva dal fatto che in in russo non esiste il suono “gh” dunque si utilizza la lettera “k”), in armeno è Artsakh, da più di duemilacinquecento anni è parte integrante dell'Armenia e sono tuttora armeni, per origine etnica, religione, lingua e cultura quasi tutti i suoi abitanti. Come la restante parte dell'Armenia anche il Gharabagh Montano subì nel corso dei secoli varie dominazioni straniere che si alternarono a periodi d’indipendenza; ma fra le varie regioni armene il Gharabagh fu quello che poté mantenere più a lungo una semi-indipendenza, favorito in ciò dalla natura montuosa del territorio e dalle particolari attitudini militari dei suoi abitanti.
Fino all'inizio del secolo scorso questa regione, fu governata da principi armeni, feudatari dello scià di Persia. Nel 1813, in seguito alla guerra russo-persiana, la regione (assieme ad altri territori armeni e all'attuale Azerbaigian) entrò a far parte dell'Impero Russo che, abolendo il potere delle famiglie feudali armene, inglobò il Gharabagh nella regione d'Elisavetopol (attuale Gandjà, in Azerbaigian).
Con la rivoluzione bolscevica, essendosi il Caucaso staccato dalla Russia, l'Armenia e l'Azerbaigian proclamarono la propria indipendenza e quest’ultimo volle annettersi il Gharabagh al fine di avere un confine comune con la Turchia. Ma l'opposizione. anche armata degli abitanti della regione impedì l'esecuzione dei piani azeri. Questa regione rimase dunque contesa fra Armenia e Azerbaigian, finché, con l'instaurarsi del regime sovietico in tutto il Caucaso, nel 1921, per volere di Stalin, e formalmente con una decisione del solo Partito Comunista, il Gharabagh fu assegnato all'Azerbaigian nonostante il 94,4% dei suoi abitanti fossero armeni e questa regione distasse dall'Armenia solo sei chilometri. Nel 1923 fu istituita la "Regione autonoma del Gharabagh Montano", comprendente una parte soltanto di questa regione contesa. Ma all'atto pratico l'autonomia fu soltanto formale, mentre nella sostanza il governo di Bakù mantenne uno stretto controllo su tutta la regione ostacolando i contatti fra essa e l'Armenia.

Da  Stalin a Brezhnev
Durante il periodo sovietico, negli anni di Stalin, Khrusciov e Breznev, il Gharabagh subì un lento e progressivo declino. Le autorità azere, al fine di mutare il rapporto numerico fra armeni e azeri, favorirono lo sviluppo economico delle zone popolate da azeri, viceversa quelle abitate da anni furono trascurate. Tutto ciò contribuì a far emigrare molti armeni. Viceversa, con vari incentivi economici, fu incoraggiata l'immigrazione degli azeri. Cosicché nel 1979 la percentuale degli abitanti armeni era scesa (dal 94,4% del 1921) al 75%. La politica di generale persecuzione contro gli armeni trovò una netta opposizione da parte di questi ultimi che in varie occasioni nel 1929, 1936, 1945, 1963, 1969 e negli anni più recenti, con petizioni e proteste chiese al Cremlino che il Gharabagh fosse riunito all'Armenia, ma le minacce e le pressioni dei dirigenti azeri trattennero Mosca dal rendere giustizia agli armeni. La politica anti­armena diede comunque i suoi frutti. Nel Nakhidjevan (altra provincia armena assegnata nel 1921 all'Azerbaigian sebbene non avesse nessuna contiguità geografica con quest'ultimo essendone tuttora separata dalla parte meridionale dell'Armenia) gli armeni e gli azeri nel 1921 numericamente si equivalevano, entrambi i gruppi etnici costituendo circa il 50% della popolazione. Nel 1988, in seguito alla chiara politica anti-armena dell'Azerbaigian, gli armeni si erano ridotti all’1,5%. Adesso nessun armeno risiede più in questa regione.
Avendo ben presente quanto accaduto nel Nakhidjevan, gli armeni del Gharabagh decisero di non fare la stessa fine dei loro connazionali di quella regione.

Gli anni della Perestrojka
Approfittando delle libertà concesse dal regime, gorbacioviano, il parlamento regionale del Gharabagh, il 20 febbraio del 1988, decretò a stragrande maggioranza, il distacco della regione dall'Azerbaigian e la riunione all'Armenia. Questa decisione fu giudicata nulla da parte dell'Azerbaigian e del governo centrale sovietico. Dopo una settimana, alla fine di febbraio, a Sumgait, grossa città industriale dell'Azerbaigian, si scatenò (con la complicità delle autorità) un pogrom contro gli armeni: ne furono uccise alcune centinaia. I responsabili e i mandanti di questo massacro non furono perseguiti, anzi, la popolazione locale richiese a gran voce il rilascio dei pochi arrestati, poiché considerati eroi nazionali. Al pogrom di Sumgait fecero seguito nel novembre del 1990, altri massacri di armeni nell'Azerbaigian: a Kirovabad (attuale Gandjà) e a Bakù. In seguito a ciò in Armenia si tennero numerose manifestazioni di protesta senza che però degenerassero in atti di ritorsione contro gli azeri colà residenti; tutto si svolse in maniera pacifica e senza incidenti di sorta. Analoghe proteste si ebbero nel Gharabagh, regione della quale erano originari molti armeni di Sumgait, Kirovabad e Bakù.
Ebbe così inizio un massiccio e precipitoso esodo degli armeni dall'Azerbaigian; rimasero solo quelli residenti nel Gharabagh che fu sempre di più cinto d'assedio da parte dell'Azerbaigian: interrotte tutte le comunicazioni (stradali, telefoniche) con l'Armenia, iniziarono gli assalti contro i villaggi armeni, il blocco dell'invio di alimenti nella regione. Vista questa situazione sempre più grave, il Cremlino il 12 gennaio 1989 decretò lo scioglimento di tutti gli organi amministrativi della regione che fu posta sotto la diretta giurisdizione del governo centrale sovietico, sottraendola, di fatto, al controllo dell'Azerbaigian di cui formalmente continuava a far parte. Ma in seguito alla protesta degli azeri, il 28 novembre dello stesso anno questa decisione fu annullata e il Gharabagh ritornò sotto il pieno controllo dell'Azerbaigian che, abolendo l'autonomia di questa regione, intensificò sempre di più il blocco del Gharabagh e le azioni d’intimidazione contro la popolazione armena (uccisioni, assalti contro villaggi armeni, abigeati). In seguito a questa decisione del Cremlino le autorità azere poterono anche usufruire del consistente aiuto loro fornito da parte dei reparti dell'Armata Rossa distanziati in Azerbaigian, che in molti casi si prestarono a servire da braccio armato all'azione di pulizia etnica iniziata dagli azeri. Nel gennaio del 1990 ci fu infine il nuovo pogrom contro i pochi armeni ancora rimasti a Bakù.
Le persecuzioni contro gli armeni, con il passare del tempo, subirono un continuo crescendo costringendo così questi ultimi a difendersi con le armi. Per tutta risposta, nell'aprile del 1991, le truppe azere, sempre coadiuvate da eserciti dell'Armata Rossa, iniziarono un vasto assalto contro tutto il Gharabagh: agli armeni fu chiesto di scegliere fra lasciare la regione entro 2-3 giorni o farsi uccidere. 23 villaggi armeni furono così evacuati mentre centinaia di armeni inermi furono uccisi.
Non va qui sottaciuto che il movimento che avrebbe poi condotto alla dissoluzione dell'URSS ricevette un grande impulso dalle imponenti manifestazioni di piazza in Armenia, ove l'antisovietismo spesso degenerò anche in atteggiamenti ostili nei confronti della Russia. Quindi la posizione anti-armena assunta dall'Armata Rossa nel Gharabagh va interpretata come un'azione punitiva nei confronti dell'atteggiamento anti-russo assunto da vari dirigenti del movimento antisovietico in Armenia e, anche, come un'azione volta al ripristino della legalità in un paese, l'Azerbaigian, che fino allora aveva dimostrato fedeltà a Mosca. Dopo questi tragici fatti presso gli armeni acquisirono sempre maggior consistenza l'idea di ricorrere alle armi per tutelare i propri diritti: iniziò così la guerriglia partigiana nel Gharabagh.

La Repubblica del Gharabagh
In seguito al fallito golpe dell'agosto 1991 (e al susseguente dissolvimento dell'URSS con la proclamazione dell'indipendenza da parte delle varie repubbliche che la costituivano) il Gharabagh (subito dopo che anche l'Azerbaigian si era ufficialmente dichiarato indipendente), il 12 settembre 1991 proclamò la propria indipendenza con unanime decisione dei suoi amministratori e rappresentanti eletti alle varie cariche locali. Il 10 dicembre dello stesso anno, con un referendum al quale partecipò il 91,4% degli aventi diritto, tale decisione fu plebiscitariamente ratificata con il voto a favore del 99,69% dei votanti.
Il 28 dicembre 1991, alla presenza di più di cinquanta osservatori stranieri, si svolsero le elezioni del parlamento della neonata Repubblica del Gharabagh. Dovevano essere eletti ottantanove deputati, undici dei quali di etnia azera, ma pur avendo ricevuto i certificati elettorali, gli azeri si rifiutarono di votare (come avevano fatto nelle precedenti occasioni). Rimasero in palio quindi solo settanta seggi per i quali concorsero 168 candidati.
Il 6 gennaio 1992, alla presenza di cinquanta deputati su cinquantuno eletti (in molte zone non era stato possibile recarsi alle urne a causa dei bombardamenti azeri) fu inaugurato il parlamento della Repubblica del Gharabagh. Fu eletto il presidente e, per proposta di quest'ultimo, il presidente del consiglio dei ministri che poi costituì il governo. Nel frattempo si accentuarono sempre di più le azioni di guerra da parte dell'Azerbaigian (con l'uso di armi vietate dai trattati internazionali) tendenti a stringere il Gharabagh in una morsa per poi soffocarlo, oltre al blocco di qualsiasi tipo di comunicazione (stradale, ferroviaria, telefonica ecc.), fu interrotta l'erogazione di acqua, gas ed elettricità; città e villaggi furono sottoposti a un quotidiano e continuo bombardamento (aereo e di artiglieria) che causò migliaia di vittime.
In seguito alla proclamazione dell'indipendenza dell'Azerbaigian, l'affiliata Armata Rossa cominciò a ritirarsi e, secondo gli accordi raggiunti, lasciò agli azeri un'ingente quantità di materiale bellico, che sarebbe stato poi usato contro gli armeni, del Gharabagh e dell'Armenia.
Ma con il ritiro delle forze sovietiche vennero a trovarsi di fronte soltanto armeni e azeri e a questi ultimi venne a mancare il sostegno in precedenza loro fornito da parte dei militari sovietici. L'esercito azero, ancora in embrione, dovette così affrontare i guerriglieri armeni che in alcuni anni avevano già acquisito una notevole esperienza che permise loro di sconfiggere gli azeri in varie battaglie e di impadronirsi di un'ingente quantità di materiale bellico che a sua volta aumentò di molto le loro capacità difensive.
Con la proclamazione dell'indipendenza, l'Azerbaigian da un lato perse il sostegno fornitogli in precedenza dall'esercito sovietico, ma d'altro canto (oltre a venire in possesso di un'ingente quantità di armamenti) acquisì completa libertà d'azione per risolvere, secondo i propri intendimenti, la vertenza del Gharabagh senza che vi fosse più a questo proposito, alcun freno da parte di Mosca. Quindi le azioni belliche e l'assedio di questa regione furono intensificati e in pratica non rimase un centro abitato che non fosse bersaglio di assalti o bombardamenti.
Da parte sua il governo della neo-proclamata repubblica di questa regione reagì con azioni di guerriglia condotte da gruppi di partigiani, sempre di più inquadrati in quello che divenne poi l'esercito regolare del Gharabagh. Ma il fatto che questa regione fosse completamente inglobata in territorio azero (senza alcuna frontiera con altri stati) e l'andamento molto frastagliato della linea di confine fra Gharabagh e Azerbaigian, per cui lunghe lingue di terra azere si protendevano nel territorio della regione contesa, rendeva molto vulnerabile quest'ultima e impossibile un puntuale rifornimento di generi di prima necessità.
Per questo motivo la strategia degli armeni che inizialmente fu esclusivamente difensiva, volta soltanto a respingere i vari attacchi, pian piano si trasformò in offensiva per rompere l'accerchiamento e costituire una fascia di sicurezza tutt'attorno alla regione per neutralizzare le varie basi donde erano bombardati i centri abitati e mettere così al sicuro dai bombardamenti tutto il territorio del Gharabagh.

La difesa del Gharabagh
Nel maggio del 1992 gli armeni del Gharabagh, rompendo l'assedio, riuscirono a creare, attorno alla città di Lacin, un corridoio lungo circa dieci chilometri e larghi sei, che uniscono il Gharabagh all'Armenia e che è noto come "corridoio umanitario di Lacin". La conquista del "corridoio di Lacin" se da un lato servì a far giungere aiuti umanitari (cibo, medicinali) alla popolazione del Gharabagh, stremata da un lungo assedio, da un altro non risolse il problema della sua sicurezza, poiché gli azeri, circondando ancora quasi completamente tutta la regione, continuavano a bombardarne città e villaggi, da postazioni dislocate in territorio azero lungo tutto il perimetro del confine con il Gharabagh. Dopo circa un mese, nel giugno 1992 l’Azerbaigian scatenò una vasta offensiva nel nord del Gharabagh (nelle province di Shahumian e Mardakert) dal quale dovettero fuggire più di 40.000 armeni. Anche in quest'occasione le milizie azere diedero inizio a un'ondata di massacri contro tutti quegli armeni che non avevano potuto mettersi in salvo. La controffensiva del Gharabagh si sviluppò dal marzo 1993 con l'allargamento del corridoio di Lacin e la conquista della provincia di Kelbagiar (incuneata fra Armenia e Gharabagh a nord di Lacin). Nell'estate si sviluppò a est, con la presa di Aghdam, la principale base donde partivano gli attacchi contro la regione.
Parallelamente allo svilupparsi di questa controffensiva diminuì l'estensione del confine da difendere e gran parte della regione fu posta al sicuro da attacchi e bombardamenti azeri. Ciò permise una timida ripresa delle attività agricole nel Gharabagh, cosa molto importane per i suoi abitanti sottoposti da vari anni a un'economia di guerra.
Nello stesso periodo, in seguito a varie battaglie, circa la metà del territorio occupato dagli azeri nel giugno dell'anno precedente fu riconquistata dalle forze armate del Gharabagh, mentre nella restante parte ancora occupata iniziò un movimento di guerriglia da parte di sfollati da quelle zone.
La conquista di Kelbagiar e di Aghdam da parte delle forze armate del Gharabagh fu prontamente condannata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU che pretese anche l'immediato ritiro degli armeni da queste zone. Un'analoga condanna però non ci fu quando l'anno precedente l'Azerbaigian occupò le province di Shahumian e di Mardakert nel Gharabagh. Segno evidente che nei confronti del Gharabagh fu adottata una politica di due pesi e due misure.
I rovesci militari subiti dall'Azerbaigian lo costrinsero ad accettare una tregua delle operazioni belliche. Questa tregua, da sempre sostenuta dagli armeni, fu da questi ultimi rispettata, anche quando da parte azera si riprendevano i combattimenti. Quale segno di buona volontà l'esercito del Gharabagh varie volte istituì delle tregue unilaterali, come pure unilateralmente si ritirò da varie posizioni occupate in territorio azero. Quando però la rottura della tregua da parte azera si ripeté sempre più spesso (e ogni volta con attacchi di maggior intensità), anche l'esercito del Gharabagh riprese, le ostilità e, nel corso di una controffensiva, a fine ottobre del 1993, conquistò le province di sud-ovest dell'Azerbaigian, raggiungendo cosi il confine azero-iraniano sul fiume Arax e tenendolo sotto controllo per una lunghezza di circa 160 chilometri.

L'offensiva azera
Parallelamente all'evolversi della situazione bellica si andarono sviluppando varie iniziative internazionali, volte a instaurare un dialogo fra le parti al fine di porre termine al conflitto.
I primi timidi tentativi d'incontro fra autorità azere e rappresentanti del Gharabagh fecero presumere che fosse iniziata la fase del regolamento pacifico della vertenza. D'altro canto le bellicose dichiarazioni del presidente azero Aliev, secondo il quale l'Azerbaigian si sarebbe impossessato con la forza di tutto il territorio conteso, evidenziarono chiaramente il fatto che i timidi accenni di regolazione negoziale del conflitto non erano altro che espedienti per ottenere il cessate il fuoco e, guadagnando tempo, riorganizzare l'esercito azero per l'offensiva decisiva. Difatti nell'autunno del 1993 l'Azerbaigian acquistò un notevole quantitativo di armamenti pesanti, veicoli blindati e aerei da combattimento, dall'Ucraina che in seguito al contenzioso con la Russia ha una grande necessità del petrolio azero. La Turchia dal suo canto oltre a sostenere in campo internazionale l'Azerbaigian, gli fornì un notevole quantitativo d'armi ed elicotteri da combattimento. Oltre ciò circa 5.000 consiglieri militari turchi si recarono in Azerbaigian per addestrarne l'esercito, mentre un certo numero di ufficiali azeri si trova in Turchia per seguire dei corsi di addestramento. Inoltre alcuni enti statunitensi e inglesi, interessati al petrolio di Bakù, inviarono, sotto mentite spoglie, vari istruttori e consiglieri militari. Infine l'Azerbaigian ha assoldato molti mercenari di varie nazionalità: russi, ucraini, turchi, americani, inglesi ed anche un contingente di alcune migliaia di mujaheddin afgani. A questi ultimi fu affidato l'incarico di sostare dietro le prime linee e sparare sui soldati azeri in ritirata. Nonostante questo ingentissimo sforzo bellico (e le armi acquistate anche dalla Cina), l'Azerbaigian non riuscì a fiaccare la resistenza del Gharabagh: a fine febbraio 1994 la linea del fronte non si era spostata rispetto al periodo precedente l'offensiva del 18 dicembre 1993; gli azeri non erano riusciti ad avanzare da nessuna parte, ma avevano pagato un altissimo tributo di sangue con migliaia di soldati morti (e abbandonati sul campo e non riportati in patria per non suscitare le ire della popolazione azera evidentemente stanca di questa guerra) e moltissimi prigionieri. Le perdite del Gharabagh, seppure notevoli, fossero di molto inferiori a quelle dell'Azerbaigian.
Nel maggio del 1994 iniziò una tregua d'armi lungo tutto il confine fra Gharabagh e Azerbaigian. Tale tregua è stata fino a ora rispettata.
Accanto a quest'aspetto prettamente militare va ricordato che a livello politico l'autorità della neonata "Repubblica del Gharabagh" si è andata vieppiù rafforzando. C'è un parlamento e un governo, con nove ministeri e sette dipartimenti statali. Si sta inoltre elaborando una costituzione; c'è un esercito piccolo, ma molto efficiente. Il 22 dicembre 1994 Robert Kociarian, che fino allora era il presidente del Comitato Statale di Difesa (istituzione facente le funzioni del governo nel periodo bellico) fu eletto dal parlamento presidente della Repubblica del Gharabagh, carica nella quale fu plebiscitariamente riconfèrmato due anni dopo in seguito ad una consultazione popolare, indetta in seguito all'emanazione della nuova legge sull'elezione del presidente della repubblica. Fu quindi costituito un governo sotto la presidenza di Leonard Petrossian. Tutto ciò fu possibile in seguito alla lunga tregua d'armi iniziata nel maggio del 1994. In seguito alla riconquista di territori precedente occupati dagli azeri molti armeni che erano emigrati in seguito alla "pulizia etnica" attuata dagli azeri, hanno fatto ritorno alle proprie case. Solo nel corso del 1994 ritornarono circa 24000 sfollati; molti altri vorrebbero seguirli, ma le case ricostruite non sono ancora sufficienti per assicurare un tetto a tutti quelli che vogliono far ritorno. Hanno ripreso le attività agricole (essenziali in questa regione) e così pure, seppur a ritmo ridotto, anche alcune fabbriche hanno riaperto i battenti; è stata poi istituita un'università, con cinque facoltà e un corpo docente di più di 130 insegnanti. Infine non va dimenticato che gran parte del territorio appartenente all'ex "Regione Autonoma del Gharabagh" è saldamente sotto il controllo delle autorità di questa repubblica e così pure una fascia di territorio azero di pari estensioni ove però non si sono stabiliti insediamenti di armeni poiché che il governo del Gharabagh ha ripetutamente affermato di non volersi annettere territori appartenenti all'Azerbaigian. Questa fascia di territorio serve solo da "zona cuscinetto", per non permettere che i centri abitati del Gharabagh possano essere colpiti da postazioni azere circondanti la regione, ma va anche ricordato che in queste zone fino a pochi anni fa vi era una notevole presenza di armeni, essendo stato tutto questo territorio una parte integrante dell'Armenia storica, come lo dimostrano vari monumenti ancora presenti in gran numero in tutte le province poste di recente sotto controllo armeno.
Nel marzo del 1997 il presidente del Gharabagh, Robert Kociarian, su richiesta del presidente dell'Armenia, assunse l'incarico di presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Armena e per questo motivo rassegnò le sue dimissioni da presidente del Gharabagh. Per sostituirlo fu indetta una nuova consultazione popolare nel corso della quale, il 10 settembre 1997, con un larghissimo margine di voti, fra tre candidati in lista, fu eletto presidente della repubblica del Gharabagh Arkadi Ghukassian che fino allora aveva ricoperto la carica di ministro degli esteri.
Va qui ricordato che in occasione di tutte le consultazioni elettorali indette nel Gharabagh, dalla proclamazione dell'indipendenza in poi, si sono colà recati numerosi osservatori stranieri per controllare lo svolgimento delle operazioni di voto e lo spoglio delle schede elettorali. Tutti questi osservatori stranieri, in occasione di tutte le votazioni, hanno unanimemente affermato che le elezioni si sono svolte nella massima regolarità e nel pieno rispetto delle regole democratiche tanto da poter servire da esempio per molti paesi, anche nell'Occidente.

Le mediazioni internazionali
I tentativi delle missioni di pace per por fine al conflitto fra Gharabagh e Azerbaigian negli anni scorsi diedero scarsi risultati. Solo grazie a una mediazione iraniana fu possibile raggiungere nel marzo 1992 un cessate il fuoco di alcune settimane, che però fu scarsamente rispettato da parte azera. I precedenti tentativi della Russia e del Kazakistan, pure, non ebbero alcun esito positivo e così anche la ventilata mediazione turca aborti poiché questo paese oltre a sostenere apertamente l'Azerbaigian nelle varie assise internazionali, gli offre anche un notevole aiuto militare con l'invio d’istruttori e anni. Dal punto di vista politico, su iniziativa della CSCE (poi trasformata in OSCE), iniziò una lunga mediazione per portare a una conferenza di pace armeni e azeri. 
Tale conferenza avrebbe dovrebbe tenersi a Minsk (Bielorussia), ma uno dei principali ostacoli che impedì il buon esito delle trattative fu il problema della partecipazione del Gharabagh alle trattative stesse dato che l'Azerbaigian e la Turchia si opposero alla presenza ufficiale dei delegati della Repubblica del Gharabagh, viceversa le autorità di quest'ultima fecero notare che il destino di questa regione non poteva essere stabilito da altre nazioni, senza la partecipazione e l'assenso degli abitanti del Gharabagh. L'Azerbaigian sarebbe stato favorevole a una partecipazione paritaria dei rappresentanti delle" comunità azere e armene" del Gharabagh, ma in tale maniera, oltre ad escludere dalle trattative il governo della regione (che costituisce l'unica autorità reale e democraticamente costituita del Gharabagh), la maggioranza armena e la minoranza azera avrebbero avuto eguale peso politico nel corso delle trattative. Fino ad ora nessuno stato ha riconosciuto l'indipendenza del gharabagh, anche se, di fatto, ciò è un dato acquisito tant'è vero che nel corso dell'azione svolta in ambito CSCE l'on. Raffaelli, nella sua qualità di presidente della conferenza di pace, si rivolse ripetutamente anche ai dirigenti del Gharabagh e si recò in questa regione incontrandosi con le autorità locali. E così pure fecero il suo successore e vari altri mediatori ufficiali.
A fine luglio 1993 poi, in seguito ai rovesci bellici subiti dall’Azerbaigian, una delegazione di quest'ultimo (a livello di ministri o vice-ministri) s’incontrò con una delegazione del Gharabagh, ma poco dopo la fine, le autorità di Baku sconfessarono il lavoro della loro delegazione affermando che non era stata autorizzata. Ma, poiché non è possibile negare che questo incontro sia avvenuto, è evidente che anche l'Azerbaigian ha riconosciuto l'esistenza "de facto" del Gharabagh quale stato indipendente.
Parallelamente allo svilupparsi di queste iniziative, si notò un affievolimento dell'impegno dell’OSCE nei riguardi della soluzione del problema del Gharabagh, mentre andò sempre più aumentando l'influenza della Russia nel Caucaso. Mosca ha varie volte chiaramente fatto capire che ritiene tutto il territorio dell'ex URSS (ad eccezione, forse, dei paesi Baltici) sua zona d'influenza. Per questo motivo desidera installare delle basi militari anche fuori dei suoi confini, cosa che ha già fatto in Georgia e in Armenia, ove il vecchio confine dell'URSS è presidiato dall'esercito russo. Ciò non si è invece verificato in Azerbaigian il cui governo si rifiuta di ospitare militari russi sul proprio territorio, palleggiato in ciò dalla Turchia che sarebbe favorevole alla presenza di militari russi solo a condizione che vi sia anche una paritaria permanenza di soldati turchi.
In seguito al consolidamento e al rafforzamento del Gharabagh mediazioni e le pressioni internazionali nei confronti di quest'ultimo e dell'Armenia sono andate sempre più aumentando, al fine di costringere gli armeni a ritirarsi dalle posizioni strategiche conquistate a Kelbagiar, Aghdam e a sud della regione. Sono stati elaborati anche vari calendari con precise scadenze riguardanti il solo ritiro delle forze armene; viceversa non si è fatto nessun cenno alle zone del Gharabagh occupate dagli azeri.
Il governo del Gharabagh da parte sua ha fatto presente che non ha nessun'intenzione di annettersi porzioni di territorio azero, ma considera difficile evacuare le zone occupate fino a che in Azerbaigian non c'è un governo stabile e che riconosca l'indipendenza della regione e dia garanzie sufficienti di rispettarla. D'altro canto i vari mediatori internazionali non sono riusciti a dare una chiara risposta alla domanda loro rivolta dai dirigenti del Gharabagh che volevano conoscere quali garanzie (reali e non teoriche) vi fossero che gli azeri, una volta ritirati gli armeni dalle zone occupate, non avrebbero ripreso la loro politica di pulizia etnica nei confronti del Gharabagh. In pratica si pretenderebbe che gli armeni evacuino unilateralmente tutte le regioni azere attornianti il Gharabagh senza nessuna contropartita da parte azera e senza avere alcuna garanzia che l'Azerbaigian, ritornato in possesso di posizioni strategicamente a lui favorevoli non riprenda a bombardare o attaccare i centri abitati del Gharabagh. E' evidente che una simile richiesta non poteva essere accettata da parte del Gharabagh. Comunque, per dimostrare la propria buona volontà, il Gharabagh ha sottoscritto il 9 maggio 1994 un documento che lo impegna a ritirarsi dalle zone occupate. Ma anche questo documento è rimasto lettera morta dato che l'Azerbaigian (che pure l'aveva sottoscritto e poi sconfessato) non ha rispettato le clausole che lo riguardavano (cessazione del blocco e dei bombardamenti).
Va anche preso in considerazione il fatto che l'Azerbaigian negli ultimi anni è stato caratterizzato da una grande instabilità politica, con pronunciamenti militari sommosse di piazza e l'avvicendarsi di tre presidenti della repubblica in poco più di un anno (Mutalibov, Elcibey, Aliyev).
Con la ripresa dell'influenza russa nel Caucaso sono anche aumentate le sue iniziative per giungere a un accordo di pace fra Gharabagh e Azerbaigian, ma fino ad ora non hanno dato alcun esito a causa della pretesa azera di un ritiro incondizionato degli armeni prima dell'inizio delle trattative. Grazie all'iniziativa russa dal 12 maggio 1994 è iniziato un armistizio di fatto fra i due belligeranti e il 27 luglio 1994, in seguito alla mediazione russa e dell'OSCE, a Mosca i delegati dei governi dell'Armenia, dell'Azerbaigian e del Gharabagh hanno sottoscritto un documento che li impegnava a cessare il fuoco. Da parte dell’Armenia e del Gharabagh sono state decretate severe misure nei confronti di quei loro reparti che non lo avessero rispettato. L'Azerbaigian, pur mantenendo la tregua, varie volte ha dato origine a scaramucce sia contro i confini dell'Armenia che del Gharabagh, che molte volte non hanno risposto a queste provocazioni. Nel frattempo si è notato un rafforzamento del dispositivo bellico azero, con acquisto d’ingenti quantitativi di armi e spostamento di reparti in prossimità del Gharabagh, ciò che ha fatto pensare ai dirigenti di quest'ultimo che il cessate il fuoco fosse considerato dall'Azerbaigian solo come un pretesto per avere un po' di respiro e prepararsi per una nuova offensiva.
Nel frattempo l'Azerbaigian ha sempre insistito oltre che nel non riconoscere il governo del Gharabagh, anche nel pretendere che l'esercito di quest'ultimo evacui tutto il territorio conquistato all'Azerbaigian, anche quella fascia della regione contesa che si trova in prossimità dell'Armenia. Tutto ciò senza che preventivamente non sia stato definito lo stato giuridico del Gharabagh né vi siano sostanziali garanzie che, una volta ritirati i reparti del Gharabagh da posizioni strategicamente importanti, l'Azerbaigian non avrebbe assalito la regione contesa.

Petrolio e Gharabagh
In seguito al consolidarsi dell'armistizio, l'OCSE e il suo "Gruppo di Minsk" che fino allora erano rimasti un po' in disparte lasciando che la Russia facesse la parte del leone, hanno ripreso una certa iniziativa, dimostrando un notevole dinamismo; ciò ha infastidito la Russia che vorrebbe gestire da sola, sotto il solo ombrello della CSI, l'intera questione considerando tutti i territori dell'ex URSS zona di suo vitale interesse e di sua esclusiva influenza. A ciò si deve aggiungere il sotterraneo conflitto fra Russia da un lato e Stati Uniti e Turchia dall'altro per il controllo del petrolio azero. L'Azerbaigian, il 20 settembre 1994, ha firmato un contratto per un importo iniziale di sette miliardi di dollari (ai quali si è aggiunto un altro contratto per altri dieci miliardi di dollari) con varie compagnie petrolifere occidentali per prospezioni nel Mar Caspio e sfruttamento del suo petrolio. Questo contratto lascerebbe a una compagnia russa solo il 10% mentre tutto il resto passerebbe a multinazionali occidentali e, ovviamente, all'Azerbaigian. Contro questo contratto si sono espressi, oltre alla Russia anche gli altri paesi rivieraschi del Mar Caspio: il Kazakistan, il Turkmenistan e l'Iran. Vi è inoltre il problema di un eventuale oleodotto che dovrebbe portare il petrolio di Baku in Occidente. La Turchia vorrebbe che passasse dal suo territorio con un terminale in un suo porto del Mediterraneo, mentre la Russia vorrebbe che il terminale sia in un porto russo del Mar Nero, cosa cui la Turchia si oppone.
Il 5 e 6 dicembre 1994, nell'ambito della periodica conferenza dell'OCSE tenutasi a Budapest, è stata trattata anche la questione del Gharabagh ed è stato deciso di istituire una presidenza a due costituita da un co-presidente russo e da un altro co-presidente scelto, a rotazione, fra gli altri paesi dell'OCSE, per cercare, in questo modo, di superare l'ostacolo rappresentato dall’antagonismo tra Russia e OSCE. E' stato inoltre stabilito di inviare delle truppe di pace in quella regione, senza però definire i dettagli riguardanti quest'operazione. Inoltre è rimasto irrisolto il problema principale se cioè gli armeni del Gharabagh debbano ritirarsi prima (come vogliono gli azeri) o dopo (come vogliono gli armeni) che sia stabilito lo stato giuridico futuro della regione Nell'ambito della mediazione patrocinata dall'OCSE (con la co-presidenza russa) il Gharabagh ha acquisito pari dignità, assieme all'Armenia e all'Azerbaigian, e partecipa a pieno titolo con suoi rappresentanti ufficiali, alle varie trattative. Superato quindi l'ostacolo della presenza del Gharabagh, ne è sorto un altro, creato da parte dell'Azerbaigian. Quest'ultimo, dando per scontato che il Gharabagh dovrà ritirarsi dalle zone occupate, pretende, che si ritiri anche dal "corridoio di Lacin" (che collega la regione all'Armenia) e dalla città di Shushi, che si trova nel territorio della regione, in prossimità dello stesso corridoio. Qualora fosse accolta questa richiesta gli azeri, oltre a circondare completamente il Gharabagh, avrebbero il completo controllo delle vie di comunicazione che uniscono questa regione all'Armenia. Per questo motivo il Gharabagh si è sempre rifiutato di accettare una simile richiesta.
Un altro problema, seppur più marginale è costituito dalla composizione delle eventuali truppe d'interposizione. La Russia vorrebbe che fossero tutte provenienti dai paesi della CSI, mentre l'OCSE vorrebbe che le truppe di uno stato non superino un sesto del totale. Inoltre la Turchia si è detta disposta a inviare truppe, mentre il Gharabagh, ritenendo questo stato un alleato dell'Azerbaigian, è nettamente contrario a una partecipazione di militari turchi.
Il contratto di diciassette miliardi di dollari per lo sfruttamento del petrolio azero si è rivelato un'arma, in mano alle autorità di Baku, per spingere le potenze occidentali, tramite le potenti lobbie delle multinazionali del petrolio interessate allo sfruttamento dei giacimenti azeri, a fare pressione sull'Armenia e il Gharabagh affinché accettino una soluzione favorevole all'Azerbaigian. Quest'ultimo cioè cercherebbe di vincere usando l'arma del petrolio, laddove è stato sconfitto con le armi. Tutto ciò spiega la frenetica attività dei mediatori internazionali al fine di arrivare a un trattato di pace favorevole all'Azerbaigian.
Per questo motivo si riunì a Lisbona, nel dicembre del 1996, un summit dell'OCSE nel corso del quale tutti i partecipanti si espressero a favore del mantenimento dell'integrità territoriale dell'Azerbaigian. Solo l'Armenia si oppose e, usando il proprio diritto di veto, impedì che questa conferenza adottasse, come documento ufficiale conclusivo dei propri lavori, una risoluzione che riconoscesse l'integrità territoriale dell'Azerbaigian. Dato questo veto dell'Armenia la conferenza ripiegò su una dichiarazione ufficiale del proprio presidente che riconosceva l'integrità territoriale dell'Azerbaigian.
Dalla conferenza di Lisbona in poi si andarono sempre più intensificando le pressioni internazionali sull'Armenia, per spingerla ad adottare una soluzione in favore del mantenimento del Gharabagh nell'ambito territoriale dell'Azerbaigian.
Fu quindi elaborato un nuovo progetto di pace da sottoporre alle parti contendenti. Il contenuto del documento fu mantenuto segreto, ma da indiscrezioni trapelate si è compreso che questo piano di pace prevedeva il ritorno del Gharabagh sotto sovranità azera, con un’ampia autonomia culturale per questa regione. AI Gharabagh era vietato avere forze armate (ad eccezione di un minuscolo corpo di polizia), in compenso gli si permetteva di avere una propria bandiera, una Costituzione e uno stemma. E' evidente che un piano del genere sarebbe stato rifiutato dal Gharabagh in guanto che la sua accettazione avrebbe significato una resa senza condizioni all'Azerbaigian. E infatti il Gharabagh lo rifiutò argomentando che questo progetto di pace contemplava esclusivamente concessioni unilaterali da parte del Gharabagh.
In concomitanza con la preparazione della conferenza al vertice di Lisbona, anche la presidenza del comitato di mediazione per il conflitto del Gharabagh subì una modifica. In luogo dei due co-presidenti (di cui uno sempre russo e l'altro scelto a rotazione fra gli altri stati membri dell'OCSE) si stabilì di averne tre, di cui uno sempre russo. Gli attuali co-presidenti sono oltre ad un russo, uno statunitense e un francese.

Presupposti per una soluzione
Sebbene alla base delle varie iniziative di pace intraprese a livello internazionale vi siano interessi geopolitici ed economici legati alle zone d'influenza al petrolio e alla sorda lotta fra Stati Uniti e Russia per il predominio nelle aree ex sovietiche, pur tuttavia questi interessi sono spesso mascherati con argomentazioni giuridiche basate sul concetto dell'integrità territoriale e sul fatto che il Gharabagh non è stato riconosciuto quale repubblica indipendente da nessuno stato.
A prescindere dal fatto che gran parte degli stati adesso indipendenti ha raggiunto l'indipendenza nazionale conquistandosela con l'uso della forza e non grazie al riconoscimento da parte di altri stati va notato che il Gharabagh è divenuto indipendente nel rispetto rigoroso della legge difatti quando l'Azerbaigian proclamò la propria indipendenza dall'Unione Sovietica il 10 settembre 1991, l'URSS era ancora formalmente esistente (si sarebbe ufficialmente dissolta tre mesi dopo) e secondo la costituzione sovietica allora vigente qualora una repubblica facente parte dell'Unione Sovietica (all'epoca l'Azerbaigian) avesse decretato la propria indipendenza da quest'ultima ogni repubblica o regione autonoma facente parte della repubblica secessionista (come la Regione Autonoma del Gharabagh Montano) poteva a sua volta recedere dalla repubblica che si era distaccata dall'URSS. Orbene l'Azerbaigian proclamò la propria indipendenza il 10 settembre 1991 e il Gharabagh forte del dettato costituzionale sovietico allora in vigore, dichiarò la propria secessione dall'Azerbaigian, continuando a far parte dell'Unione Sovietica e quindi con il dissolversi di quest'ultima, ipso facto divenne indipendente. Per ciò l'indipendenza del Gharabagh ha tutti i crismi della legalità.
Mentre per ciò che concerne la cosiddetta integrità territoriale dell'Azerbaigian e l'immodificabilità dei suoi confini occorre considerare che i confini attuali dell'Azerbaigian corrispondano a quelli esistenti quando c'era l'Unione Sovietica. Erano, allora, dei confini amministrativi e non statali poiché l'Azerbaigian, al pari delle altre repubbliche sovietiche, non era uno stato indipendente non possedendo nessuno degli attributi che conferiscono tale qualifica (sovranità, esercito, rappresentanze diplomatiche all'estero ecc.) ma aveva un'autonomia più che limitata, dipendendo in tutto e per tutto dal governo centrale sovietico. L'Azerbaigian, quindi, al pari di tutte le altre repubbliche sovietiche, non costituiva uno stato nel senso classico di questo termine, ma una regione autonoma per cui anche i suoi confini dell'epoca sovietica non potevano essere considerati confini di stato, ma semplicemente dei confini amministrativi interni, separanti una regione sovietica da un'altra. Per questo motivo i confini dell'Azerbaigian sovietico non possono, ipso facto, considerarsi validi anche per l'attuale repubblica indipendente dell'Azerbaigian e, di conseguenza, la modifica di questi confini, per merito del Gharabagh, non può costituire un atto di "lesa integrità territoriale".
Ma oltre ciò va notato che il Gharabagh poteva permanere nell'ambito dell'Azerbaigian fintantoché esisteva l'Unione Sovietica il cui governo centrale, limitando l'autonomia dei governanti delle varie repubbliche, costituiva anche un fattore di tutela delle varie minoranze etniche, poiché il Cremlino aveva il potere di equilibrare e, all'occorrenza, ostacolare e impedire, le intemperanze nazionaliste dei governanti azeri. Ora, dissoltasi l'Unione Sovietica, anche questa sua azione di tutela delle minoranze è venuta a mancare e perciò viene pure a mancare uno dei presupposti in base al quale il Gharabagh poteva far parte dell'Azerbaigian.
E' evidente che nella situazione creatasi il Gharabagh non può continuare a far parte dell'Azerbaigian. Infatti, sono state troppe, e durano da decenni, le persecuzioni di questo paese nei confronti degli armeni per cui è impensabile che, dati i precedenti, gli armeni possano sentirsi sicuri sotto la sovranità azera.
Ovviamente tutto ciò comporterebbe una modifica dei confini dell'Azerbaigian, cosa che non è veduta di buon occhio dall'Occidente per il quale l'integrità territoriale e l'intangibilità dei confini sono quasi un dogma. Ma ciò può costituire un dogma in Europa ove le minoranze etniche sono ampiamente tutelate e non perseguitate, ma quando questa tutela viene a mancare e le minoranze sono perseguitate, automaticamente anche questo principio dell'integrità territoriale cessa di essere valido perché in questo caso ciò significherebbe lasciare mano libera alle persecuzioni contro le minoranze. Va inoltre aggiunto che nella stessa Europa questo principio, anche recentemente, non è stato sempre rispettato. Infatti, sono mutati i confini della Germania, con l'unione della Germania Est alla Repubblica Federale Tedesca, mentre la Cecoslovacchia si è smembrata in due stati: Repubblica Cèca e Repubblica Slovacca. Tutto ciò è avvenuto in maniera pacifica, quindi si può a buon diritto affermare che i confini degli stati sono modificabili.
Ma, oltre all'integrità territoriale degli stati - principio sul quale basano la propria azione, i mediatori internazionali - vi è pure un altro principio giuridico, pure esso sancito dalla conferenza di Helsinki che diede origine alla CSCE. Si tratta del principio dell'autodeterminazione dei popoli in base al quale ogni popolo ha il diritto di stabilire il proprio destino. Cosa che ha regolarmente fatto il Gharabagh, scegliendo la propria indipendenza. Orbene, se, sminuendo il valore del principio dell'autodeterminazione dei popoli e assumendo come base per le trattative sul futuro del Gharabagh il principio dell'integrità territoriale (per altro opinabile nel caso delI'Azerbaigian), ne consegue che implicitamente si riconosce che un popolo (nella fattispecie gli azeri) ha il diritto di comandare a un altro popolo (gli armeni del Gharabagh), anche contro la volontà di quest'ultimo. Se così fosse, si darebbe origine a un mostro giuridico-politico ed è proprio per prevenire una simile evenienza che il diritto aII'autodeterminazione è preminente rispetto all'integrità territoriale degli stati e quest'ultimo principio è subordinato al primo poiché prima vengono i popoli e poi i governi, gli stati.
In fin dei conti se l'Eritrea ha potuto staccarsi dall'Etiopia e la Slovacchia dalla Repubblica Cèca, per quale motivo lo stesso diritto non deve essere riconosciuto al Gharabagh?
La popolazione di questa regione ha chiaramente dimostrato la propria volontà d’indipendenza e questa volontà non può essere ostacolata, ma va solo rispettata. In ultima analisi il diritto all'indipendenza non può essere concesso solo ad alcuni popoli dell'ex URSS e ad altri no. Il continuo richiamo alla tutela dell'integrità territoriale dell'Azerbaigian altro non è che un espediente per perpetuare il dominio azero sugli armeni.
Quando, poi, vi sono dei confini ingiusti che penalizzano un popolo a tutto vantaggio di un altro, non può essere evocato il principio dell'integrità territoriale dato che, nella fattispecie, ciò si ridurrebbe alla perpetua mento di un'ingiustizia. Nel caso del Gharabagh, alla cui radice c'è un'iniqua decisione di Stalin, i confini devono essere rivisti, pacificamente, con mezzi politici, ma vanno rivisti. Non devono essere violati con la forza, ma devono essere pacificamente modificati.
E' vero che tutto ciò corrisponderebbe a una modifica dello status quo territoriale, cosa di cui l'Occidente aborre, ma è opportuno anche considerare che voler mantenere ad ogni costo lo status quo, molte volte è più dannoso di una sua modifica. Nella fattispecie se nel 1988, quando iniziarono i movimenti di protesta per il Gharabagh, il Cremlino avesse adottato una giusta soluzione della questione, la situazione non sarebbe peggiorata tanto quanto lo è oggi. Il voler mantenere lo status quo ad ogni costo ha fatto incancrenire il problema a tal punto da pregiudicare non solo il presente, ma anche il futuro della convivenza fra armeni e azeri. E poiché questi due popoli essendo vicini, devono, volenti o non volenti, coesistere, sarebbe bene separarli subito, staccando il Gharabagh dall'Azerbaigian e facendo cosi raffreddare la tensione fra i due contendenti cosicché in futuro si potrà instaurare un dialogo fra essi. Viceversa il mantenimento forzato del Gharabagh nell'Azerbaigian oltre a mantenere sempre alta la tensione (e quindi essere molto più destabilizzante) non farebbe altro che peggiorare la situazione e rendere impossibile anche in futuro una regolazione del problema. Inoltre il mantenimento forzato del Gharabagh nell'Azerbaigian (cosa possibile solo con l'uso della forza e con l'aiuto esterno all'Azerbaigian, di per sé da solo incapace di schiacciare la resistenza armena) con il corollario di un sicuro massacro di armeni, rinfocolando in questi ultimi sentimenti di odio e di rivalsa, li spingerebbe in uno stato di disperazione dalle conseguenze imprevedibili ponendo le basi per la creazione di una nuova Palestina nel Caucaso.
Non è poi da sottovalutare che il Gharabagh è ormai saldamente in mano al governo della repubblica creata in questa regione. L'Azerbaigian sta cercando di condurre una guerra di riconquista che finora si è rivelata disastrosa per quest'ultimo. Dal punto di vista dello stato giuridico della regione, va notato che quest'ultima, con il trattato del 1813 era entrata a far parte dell'Impero Russo e quindi del suo erede naturale, l'Unione Sovietica. Dissoltasi quest'ultima e resosi l'Azerbaigian indipendente, sono venute meno le basi su cui si fondava l'appartenenza del Gharabagh all'Azerbaigian (non potendo quest'ultimo essere considerato l'erede dell'Unione Sovietica) e quindi va rivisto l'asserito diritto azero di mantenere nel proprio ambito statale il Gharabagh.
E' vero che all'inizio, nel 1988, gli armeni reclamarono la riunione del Gharabagh all'Armenia, che sarebbe stata la soluzione più equa e naturale, ma ben presto, resisi conto delle difficoltà politiche che ciò avrebbe comportato, avevano preferito soluzioni alternative come la trasformazione della regione autonoma del Gharabagh in repubblica autonoma nell'ambito dell'Azerbaigian, oppure l'annessione del Gharabagh alla Repubblica Russa. Per gli armeni l'essenziale era liberarsi dal giogo persecutorio dell'Azerbaigian, ma quest'ultimo, invece di iniziare una politica di buoni rapporti con gli armeni, ha fatto il possibile per inasprirli ulteriormente In conclusione va detto che il conflitto in corso non è fra Armenia e Azerbaigian sebbene quest'ultimo asserisca che vi è uno stato di guerra fra questi due paesi. In realtà l'Azerbaigian con continui attacchi al territorio della repubblica armena cerca di coinvolgerla militarmente nella condotta dall'Armenia al fine annettersi una parte del territorio azero. Ma l'Armenia, secondo quanto ripetutamente affermato dai propri governanti, desidera solamente che siano riconosciuti e rispettati gli inalienabili diritti della popolazione del Gharabagh e qualunque soluzione essi accettino, sarà accettabile anche per l'Armenia nel conflitto per dare a quest'ultimo i connotati di guerra.
Aggressione condotta dall’Armenia al fine annettersi una parte del territorio azero. Ma l’Armenia, secondo quanto ripetutamente affermato dai propri governanti, desidera solamente che siano riconosciuti e rispettati gli inalienabili diritti della popolazione del Gharabagh e qualunque soluzione essi accettino, sarà accettabile anche per l’Armenia.

Conclusioni
Finora l'Occidente, se ha dimostrato simpatia nei confronti degli armeni a livello di opinione pubblica, ha anche, a livello di politica dei vari stati, dato un appoggio all'Azerbaigian poichè quest'ultimo è "sponsorizzato" dalla Turchia. Finché gli armeni del Gharabagh subivano atrocità e rovesci militari l'Occidente si è limitato a deplorazioni verbali, ma quando gli armeni, presi dalla disperazione, dopo quattro anni di continui bombardamenti, privazioni e massacri, hanno rotto l'accerchiamento azero, subito l'Occidente si è mobilitato per frenare l'aggressione armena, così com’è stata definita la disperata difesa di 180,000 armeni del Gharabagh in lotta contro 7.000.000 di azeri spalleggiati da 50.000.000 di turchi.
In tutto ciò l'Occidente ha dimostrato di parteggiare per la Turchia giacché desidera affidarle la "tutela" delle varie repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale, per sottrarle all'influenza dell'integralismo islamico dell'Iran, considerando la Turchia  più affidabile perché laica e "occidentalizzata".
I governanti turchi prontamente hanno dato inizio a un'opera di penetrazione in Asia Centrale ed hanno a più riprese affermato che la sfera d'influenza turca si estende dall'Adriatico alla Cina. Resta ora da vedere che cosa potrà essere più pericoloso per l'Occidente: l'integralismo islamico o il nazionalismo pan-turco. E' da considerare seriamente quanto potrà essere pericoloso per l'Europa un " impero" turco che si estenda dall'Adriatico alla Cina, così com'è sempre stato negli intendimenti, palesi e occulti, della Turchia. C'è da chiedersi cosa potrà rappresentare, dal punto di vista geopolitico, strategico, militare, demografico ed economico un simile "impero", sostenuto dal militarismo e dal nazionalismo turco e dal petrolio azero.
E' sulla via di quest’ambizioso progetto che la Turchia vuoIe distruggere in primo luogo il Gharabagh per poter poi fagocitare l'Armenia che costituisce un diaframma fra la Turchia e l'Azerbaigian.
La permanenza del Gharabagh nell'ambito territoriale di quest'ultimo stato è quindi voluta dalla Turchia per perseguire i suoi obiettivi di grande potenza. L''Occidente non deve certo sostenere quest’ambizione turca che, lungi dall'essere una soluzione equa e giusta, creerebbe le premesse per la costituzione di quell'impero turco che con la sua carica demografica e militar-nazionalista rappresenterebbe certamente un serio pericolo per l'Europa.
Una giusta soluzione consisterebbe nel riunire il Gharabagh all'Armenia. Sarebbe questa una soluzione equa che però sarebbe troppo umiliante per l'Azerbaigian. Per questo motivo una repubblica indipendente del Gharabagh sarebbe la soluzione migliore, senza vincitori né vinti, non umilierebbe l'Azerbaigian (poiché che questa regione non sarebbe annessa all'Armenia), non farebbe stravincere quest'ultima (poiché la regione contesa rimarrebbe fuori dei suoi confini) e infine tutelerebbe i diritti della popolazione locale che si è democraticamente e plebiscitariamente espressa a favore dell'indipendenza.
Ciò favorirebbe inoltre il ripristino della pace nel Caucaso, regione ove l'Armenia, paese occidentale per cultura e tradizioni, potrebbe realizzare una fruttuosa politica di sviluppo e di stabilità, in stretto legame con l'Europa. 

(Testo tratto dal portale comunitaarmena).



  
Cartina Gharabagh

                                                                                                                                                                       

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