Fino
al XVIII secolo la condizione armena non segna sostanziali modifiche ma l'avvio
del declino della potenza ottomana e la nascita del sentimento nazionale
armeno, contemporaneamente alla conquista dell'indipendenza del popolo greco,
aprono possibilità fino ad allora sconosciute. La contemporanea sollevazione
dei popoli caucasici a reclamare la propria indipendenza e l'annessione da
parte dell'Impero Russo dell'Armenia Orientale, concorrono a spezzare gli
equilibri esistenti. Inoltre anche le maggiori potenze europee, ansiose di
accrescere i propri interessi nell'area, premono sull'Impero pretendendo delle
riforme interne che la Sublime Porta si vede costretta a prendere in
considerazione. In questo clima effervescente l'azione armena si esplica su due
fronti: il primo a Costantinopoli, dove il Patriarcato Armeno solleva la
questione del riconoscimento della specificità armena, il secondo in Armenia
dove nascono i primi partiti rivoluzionari armeni clandestini. Il Sultano Abdul Hamid II, preoccupato
dall'attivismo armeno ed anche dallo sviluppo economico che questo popolo sta
vivendo, decide di mettere alla prova le titubanti potenze straniere punendo la
popolazione armena con l'esecuzione di alcuni pogrom durante i quali vengono uccisi 200.000 (300.000 secondo altre
fonti) armeni nel periodo compreso tra il 1895 ed il 1897. Tutto
questo avviene sotto gli occhi delle potenze europee che, come spesso faranno
anche in futuro, non riescono a prendere alcuna iniziativa in difesa delle
popolazioni angariate. La reazione armena consiste nell'intraprendere la
guerriglia e nella creazione della
Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche Dashnak, con basi nella vicina
Armenia Russa e fortemente sostenuta dalle popolazioni locali.
(Francis Brooks-Zarian, Genocidio, acquarello-tempera e china su cartone 65x46)
Giovani Turchi
Una
nuova speranza, presto disillusa, nasce quando anche il potere imperiale giunge
al collasso e prende sempre più forza il movimento rivoluzionario dei GiovaniTurchi, caratterizzati da
un forte nazionalismo turco. Essi sembrano intenzionati ad abbattere il sistema
imperiale per poi creare una federazione di tutti i popoli precedentemente
inclusi nell'Impero. Ovviamente le concezioni di nazionalismo turco e di una
federazione ottomana sono decisamente antitetiche e questo porterà a considerare
l'elemento armeno come un pericolo interno da combattere ed annientare. Già nel
1909 avvengono i primi massacri: in
Cilicia 30.000 armeni vengono uccisi dalle forze del loro partito Ittihad ve Terakki (Unione e Progresso). Tutto ciò fu
conseguenza dell'ideologia che aveva ormai impregnato l'intero partito, formata
da un' intreccio di panturchismo,
caratterizzato da tratti nazionalisti-irredentisti, e Turanismo (* il Turanismo è l'ideologia che si basa sulla convinzione che,
quando tutti i popoli di lingua turca saranno uniti in una stessa entità
nazionale estesa dall'Asia Centrale al Mediterraneo, ritornerà l'età dell'oro
in cui Turan, l'antenato dei Turchi, lottava contro Ario, l'antenato degli
ariani, estendeva il suo dominio su tutta l'Asia).
L'unione
tra indipendenza nazionale e purezza razziale furono la premessa per la
conquista dell'allora provincia russa dell'Azerbaigian. Tra essa e la Turchia
vi erano però proprio in mezzo le terre armene. Questa nuova campagna di
conquista fornisce ai Giovani Turchi la giustificazione per l'eliminazione del
"pericolo armeno".
Nel 1914 la situazione armena peggiora
irrimediabilmente. In quell'anno infatti il governo turco decide di entrare in
guerra a fianco degli imperi centrali e subito si lancia alla conquista dei
territori azeri "irredenti". La
Terza Armata turca,
impreparata, male equipaggiata, mandata allo sbaraglio in condizioni
climatiche
ostili, viene presto sbaragliata a Sarikamish nel gennaio 1915 dalle
forze russe. L'esercito turco indica i responsabili della disfatta
negli armeni
che, allo scoppio della guerra avevano comunque assicurato il proprio
sostegno
all'impresa turca. Il clima si fa sempre più teso e, tra il
dicembre del '14 ed
il febbraio del '15, il Comitato
Centrale del partito Unione e Progresso, diretto dai medici Nazim e Behaeddine Chakir, decide la soppressione totale degli armeni.
Vengono creati speciali battaglioni irregolari, detti tchété, in cui militano molti
detenuti comuni appositamente liberati; essi hanno addirittura autorità sui
governi ed i prefetti locali e quindi godono di un potere pressoché assoluto.
L'eliminazione sistematica prende l'avvio nel 1915,
quando i battaglioni regolari armeni vengono disarmati, riuniti in gruppi di
lavoro ed eliminati di nascosto. Il piano turco, pensato e diretto dal Ministro dell'Interno Talaat,
prosegue poi con la soppressione della comunità di Costantinopoli ed in
particolare della ricca ed operosa borghesia armena: tra il 24, che resta a
segnare la data commemorativa del genocidio, ed il 25 aprile, 2345 notabili
armeni vengono arrestati mentre tra il maggio ed il luglio del 1915 gli armeni
delle province orientali di Erzerum, Bitlis, Van, Diyarbakir, Trebisonda, Sivas
e Kharput vengono sterminati. Solo i residenti della provincia di Van riescono
a riparare in Russia grazie ad una provvidenziale avanzata dell'esercito
sovietico. Nelle città viene diffuso un bando che intima alla popolazione
armena di prepararsi per essere deportata; si formano così grandi colonne nelle
quali gli uomini validi vengono raggruppati, portati al di fuori delle città e
qui sterminati. Il resto della popolazione viene indirizzato verso Aleppo ma la
città verrà raggiunta solo da pochi superstiti: i nomadi curdi, l'ostilità
della popolazione turca, i tchété e le inumane condizioni a cui sono sottoposti
fanno si che i deportati periscano in gran numero lungo il cammino. Dopo la
conclusione delle operazioni neppure un armeno era rimasto in vita in queste
province.
La seconda parte del piano prevedeva il genocidio della
popolazione armena restante, sparsa su tutto il resto del territorio. Tra
l'agosto del 1915 ed il luglio del 1916 gli armeni catturati vengono riuniti in
carovane e, malgrado le condizioni inumane cui vengono costretti, riescono a
raggiungere quasi integre Aleppo
mentre un'altra parte di deportati viene diretta verso Deir es-Zor, in Mesopotamia. Lungo
il cammino, i prigionieri, lasciati senza cibo, acqua e scorta, muoiono a
migliaia. Per i pochi sopravvissuti la sorte non sarà migliore: periranno di
stenti nel deserto o bruciati vivi rinchiusi in caverne.
A queste atrocità scamperanno solo gli armeni di Costantinopoli, vicini alle
ambasciate europee, quelli di Smirne, protetti dal generale tedesco Liman Von
Sanders, gli armeni del Libano e quelli palestinesi.
Il consuntivo numerico di questo piano criminale
risulta alla fine:
- da 1.000.000 a 1.500.000 di armeni vengono
eliminati nelle manieri più atroci. In pratica i due terzi della
popolazione armena residente nell'Impero Ottomano è stata soppressa e,
regioni per millenni abitate da armeni, non vedranno più, in futuro,
nemmeno uno di essi.
- circa 100.000 bambini vengono prelevati da
famiglie turche o curde e da esse allevati smarrendo così la propria fede
e la propria lingua.
- considerando tutti gli armeni scampati al
massacro il loro numero non supera le 600.000.
Su tutte valga la testimonianza del Console italiano Giovanni Gorrini che così scrisse:
"Dal 24 giugno non ho più dormito ne mangiato. Ero preso da crisi di nervi
e da nausea al tormento di dover assistere all'esecuzione di massa di quegli
innocenti ed inermi persone. Le crudeli cacce all'uomo, le centinaia di
cadaveri sulle strade, le donne ed i bambini caricati a bordo delle navi
e poi fatti annegare, le deportazioni nel deserto: questi sono i ricordi che mi
tormentano l'anima e quasi fanno perdere la ragione." Anche l'intervento
della Santa Sede tramite il Papa Benedetto XV non produsse alcun effetto, in
funzione anche del fatto che i
turchi avevano proclamato la guerra santa.Successivamente, approfittando degli sconvolgimenti in
corso in Russia a causa della rivoluzione, gli armeni sotto il controllo
dell'impero zarista si ribellano e, il 28 maggio 1918, dichiarano la propria
indipendenza. In seguito, dopo la presa di alcuni territori nell'Armenia turca,
verrà proclamata la nascita della Repubblica
Armena. Durante i lavori del Trattato di Sevrès venne perfino riconosciuta l'indipendenza
al popolo armeno e la sua sovranità su gran parte dei territori dell'Armenia
storica ma, come altre volte in futuro, tutto resterà solo sulla carta. Infatti
il successivo Trattato di Losanna
(1923) annullerà il precedente negando alle popolo armeno persino il riconoscimento
della sua stessa esistenza. La caduta del regime turco alla fine della Grande Guerra e la seguente ascesa
alla guida del paese di Kemal
Ataturk non cambiò la situazione. Infatti, tra il 1920 ed il 1922,
con l'attacco alla Cilicia armena ed il Massacro di Smirne, il nuovo governo portò a compimento il
genocidio. Dopo questi ultimi crimini non un solo armeno vivo lasciò traccia in
Turchia.
ll processo di Costantinopoli
La
disfatta ottomana nella grande Guerra spinse i principali responsabili del
genocidio ad abbandonare il paese e molti di essi fuggirono in Germania. A loro
carico venne intentato un processo svoltosi nel 1919 a Costantinopoli sotto la
direzione di Damad Ferid Pascià. Lo
scopo non era evidentemente quello di rendere giustizia al martoriato popolo
armeno ma di addossare le colpe dell'accaduto sulle spalle dei Giovani Turchi
discolpando al tempo stesso la nazione turca in quanto tale. Il risvolto
pratico del processo fu minimo in quanto, nei confronti dei condannati, non
vennero mai presentate richieste di estradizione e successivamente i verdetti
della corte vennero annullati. L'importanza del procedimento sta comunque nel
fatto che, durante il suo svolgimento, vennero raccolte molte testimonianze che
descrivono le varie fasi del genocidio a partire proprio dalle dichiarazioni di
chi ne era stato artefice.
Altri
processi vennero tenuti a riguardo di specifiche situazioni. A seguito di
quello per i massacri del convoglio di Yozgat venne condannato il
vice-governatore Kemal. Nel processo di Trebisonda si ammise la responsabilità
del governatore e si descrisse il modo in cui venivano perpetrate gli
annegamenti di donne e bambini. Nel processo per il massacro nella città di
Karput venne giudicato in contumacia Behaeddin Chakir e si descrisse
dettagliatamente il ruolo dell'Organizzazione Speciale.
A
seguito però della riluttanza delle autorità turche ed alleate ad eseguire le
sentenze da loro stesse emesse, il partito Dashnag creò un'organizzazione di
giustizieri armeni che si incaricò di eliminare alcuni tra i principali
responsabili del genocidio. Vennero così freddati Behaeddin Chakir, Djemal
Azmi (il boia di Trebisonda), Djemal Pascià (componente del triumvirato dirigente dei
Giovani Turchi) e l'ex Ministro
degli Interni Talaat ucciso per le strade di Berlino il 15 marzo del
1921 da Solomon Tehlirian. In quest'ultimo caso le colpe a carico di Talaat
emerse durante il processo furono talmente terrificanti da far assolvere
Tehlirian per l'omicidio da lui compiuto.
Bibliografia sul genocidio degli armeni in italiano