Nel
301 San Gregorio l'Illuminatore converte al cristianesimo Tiridate III, che
adotta così il nuovo credo come religione di Stato. L'Armenia può quindi
rivendicare, legittimamente, l'onore di essere stato "il primo stato
cristiano" al mondo. Questo avvenimento segna per sempre il popolo armeno.
Viene infatti da quel momento a delinearsi un sodalizio incisivo e fecondo tra
Cristianesimo ed Armenia. Tutto il patrimonio culturale armeno evidenzia quanto
profondo sia questo legame a cominciare dall'alfabeto, che nei primi anni del 400
viene creato da Mesrob Mashtots
per permettere di avere finalmente tradotti
in armeno i Sacri Testi, fino ad allora scritti e letti solo in greco e
in
siriaco. Ideato essenzialmente per esigenze di culto, l'alfabeto
diventa strumento per la salvaguardia e la trasmissione della lingua e della
cultura armena. Ben presto
l'Armenia è chiamata a difendere la sua identità e a
confermare la fede
rendendo indissolubile il connubio Cristianesimo-armenità con
quello che si può
definire come un secondo battesimo, il "battesimo di sangue".
San Vardan riassume bene nella sua persona il duplice
aspetto di santo-condottiero, che unisce in sé l'ideale del combattimento per
la fede e par la patria. Nel
428 estinta la dinastia degli Arsacidi, l'Armenia viene contesa tra
l'imperatore d'Oriente ed il re di Persia e, ristabilitasi la pace, gli armeni
trovano ospitalità nei territori dei due rivali. Cominciano purtroppo le
persecuzioni, che diventano feroci sotto Varane. Gli armeni trovano rifugio
presso l'imperatore Teodosio che si rifiuta di consegnare a Varane i fuggitivi:
ciò da motivo a rappresaglie che spingono il Patriarca novantenne Sahag a
rifugiarsi nel territorio romano con il nipote Vardan, a cui Teodosio conferisce
il titolo di generale.
Varane,
stipulata la pace con i romani, invita Sahag, che accoglie la richiesta, a
rientrare in Armenia. Appaiono intanto le orde degli unni, la cui irruzione
nelle terre dell'impero romano torna a danno degli armeni perché i romani, loro
protettori, si trovano nell'impossibilità di aiutarli.
Il
re di Persia approfitta della situazione e, col pretesto della guerra che deve
sostenere contro gli Unni, impone ai cavalieri da lui sottomessi di radunarsi
nel territorio di Alor. I
cavalieri armeni obbediscono, benché dubbiosi, memori del dovere di obbedienza
al loro re. Sicuro ormai di non avere niente da temere dai romani, il re
comincia le persecuzioni. Vardan
ed i suoi generali gli assicurano piena fedeltà in quanto regnante del paese,
ribadiscono però la fedeltà alla loro religione. Questi contrasti sfociano in
una guerra. Nel 450 Vardan vince sull'armata dei persiani alani nonostante i
maneggi del traditore Vasak che ha l'ambizione di governare l'Armenia sotto la
tutela del re persiano. Il 2 giugno 451 ha luogo la fase finale della guerra
nella piana di Avarayr sulle rive del fiume Deghmund. Vardan alla testa di
un'armata di circa 60.000 uomini affronta l'esercito persiano di circa 300.000
uomini. Vasak al momento decisivo passa al nemico indebolendo uno dei fronti di
Vardan. Questi accorre e lotta come un leone finché, colpito da una freccia,
cade con la spada in pugno e muore nella mischia, come dice Eghishe, insieme ai
suoi uomini e da semplice soldato. La battaglia dura solo un giorno, ma è
seguita da parecchi anni di tenace resistenza passiva e di guerriglia
capeggiata principalmente dalle mogli dei comandanti caduti ed esiliati.
Nel
485 il re di Persia riconosce agli armeni la libertà di culto, di coscienza e
di cultura. I nostri padri hanno combattuto quindi già nel V secolo per i
principi che rappresentano la conquista più importante della civiltà europea.
Per sottolineare l'importanza dell'aspetto religioso basta ricordare parte
dell'arringa di San Vardan alle truppe: "Chi credeva che il Cristianesimo
fosse per noi un abito, ora saprà che non potrà togliercelo, come il colore
della nostra pelle".