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Ogni epoca ha portato le sue ideologie, le sue teorie e le sue filosofie incarnate in tante forme artistiche e creative. Per gli armeni la più originale, inconfondibile e longeva forma di segno culturale, universale nel tempo e nello spazio, è il fabbricato di destinazione religiosa, l’unico a essere sopravvissuta alle intemperie della natura durante i secoli, nonostante la loro continua distruzione e l’incessabile ricostruzione e le modifiche riportate. Si tratta di architetture “pietrificate” che esprimono tutta la loro carica creativa e la particolare caratteristica della loro geometria inconfondibile fatta di strutture solide, geometriche, matematiche, cariche di simbologia e di spiritualità. Il tema principale si focalizza sull’architettura religiosa dell’era cristiana che vede come protagonisti Roma, ereditaria della cultura ellenistica, e l’Oriente con Egitto, Siria e Asia Minore dove, già dai primi secoli del cristianesimo, esisteva un’arte cristiana tendenzialmente ben formulata. Mentre Roma elaborava schemi di nuovi edifici cristiani prendendo spunto dalle sale dei patrizi per le tipologie longitudinali, cioè le basiliche, da una parte e, i mausolei romani per l’ispirazione delle composizioni a pianta centrale, essenziali tipologie e modelli architettonici di edifici cristiani avevano già incarnato forma e concetto in Oriente, particolarmente in Siria, Iran, Armenia e attraverso canali ben consolidati, si diffondevano nell’Occidente per portare un notevole contributo, nei secoli VII-VIII, all’arte bizantina di Carlo Magno.

Nel VI secolo l’Armenia era già divisa tra Bisanzio e Persia. Tale situazione politica incise sul potere della chiesa armena. Il supremo patriarca, il Catolikos Movses II si stabilì con la sede patriarcale nella capitale Dvin invece, il patriarca Hovhannes Bagaratzì, scelse come sede dell’anticatolikosato Avan. Questa divisione era a favore della sottomissione dell’Armenia all’Impero Bizantino. In questo preciso periodo della storia, succede un fatto rilevante e di lunga prospettiva. Tante famiglie di artigiani, militari, patrizi, persone di cultura, religiosi, intellettuali armeni si trasferirono in Bisanzio dando vita alle famose famiglie armeno-bizantine citate da vari studiosi di quest’epoca. Curioso e indicativo è la presenza di numerosi esarchi dell’Impero Bizantino discendenti da famiglie armene dal VI secolo, come Flavio Eraclio, (nato a Cartagine 575, morto a Costantinopoli nel 610) figlio del potente esarca Cartagine Eraclio il Vecchio, di origine armena. Importante la sua gloriosa battaglia contro l’imperatore persiano Khosroe II e la riconquista delle reliquie della vera Croce riconsegnata a Gerusalemme. Esarca di Ravenna, Isacco (nato in Armenia in data sconosciuta e morto a Panaro nel 643), chiamato Isacco l’Armeno, proveniente dalla tribù armena dei Kamsarakan, fu esarca di Ravenna negli anni 620-625 e 643. Nel 639 su incarico dell’Imperatore bizantino Eraclio, fondò la Cattedrale di Santa Maria Assunta a Torcello. Artavasde di Bisanzio di origine armena che regnò nel 741-743, conquistò Costantinopoli e fu incoronato imperatore Leone V l’Armeno (nato nel 775 a Costantinopoli, morto nel 820 a Costantinopoli). Il suo nome è ricordato a Venezia per aver donato il corpo di San Zaccaria e l’oro necessario per edificare l’annesso monastero benedettino di clausura femminile. Fu inaugurato nell’864 dal Doge Pietro Tradonico.

Tornando all’imperatore Eraclio, è importante segnalare una delle sue riforme fondamentali per la storia della religione secondo la quale Cristo si componeva di due nature ma di un'unica energia, specificato con il termine di monoenergismo. Grazie a questa nuova visione di Eraclio si è reso possibile restaurare le fondamenta morali dell’immenso impero e con l’aiuto del Catolikos Jezer, anch'esso armeno, che contribuì all’unificazione delle chiese in Armenia. Il fatto simbolico del recupero delle reliquie della croce, simbolo del cristianesimo ed eterno stimolo e vocazione della forma architettonica religiosa, porta al concetto creativo di edifici religiosi con pianta a croce centrale. Le chiese armene cristiane d’epoca come Bagaran, Mren, Gayanè hanno come struttura della pianta una croce inscritta in uno spazio quadrato sovrapposto dalla cupola semisferica. Il concetto spaziale di questi edifici è indubbiamente la croce – simbolo della fede cristiana e la cupola – simbolo del regno celeste di Cristo. Tutto ciò è da considerare un messaggio forte lanciato dal Catolikos Jezer per affermare l’intraprendenza della chiesa armena e la forma perfetta del concetto della chiesa cristiana diffusasi nei secoli successivi in Occidente.

Un esempio indicativo di coinvolgimento di maestranze armene esperte nell’ingegneria edilizia, avviene all’epoca dell’imperatore Macedone Basilio II, (958-1025). Per il restauro della cupola della basilica di S. Sofia a Costantinopoli danneggiata in una seconda volta durante il terremoto, è stato convocato l’architetto armeno Trdat (Tiridate) che all’epoca era impegnato nella realizzazione della cattedrale di Anì. Dopo un’attenta analisi Tiridate presentò il suo progetto di ricostruzione tramite un plastico di legno. Dopo quattro anni, terminati i lavori, Tiridate ritorna ad Anì per terminare la costruzione della Cattedrale. Da segnalare che la cupola della basilica di S. Sofia è a quota 54 mt dal pavimento, il diametro è pari a 32,35 mt; solamente il Panteon a Roma ha il diametro maggiore 43,50 mt. A tal proposito, il critico d’Arte Paolo D’Ancona scrive che per la costruzione della maestosa cupola del Panteon, l’imperatore Adriano (117-138) chiamò le maestranze dall’Oriente.

Il primo studioso a proporre la teoria dell'importazione dell'architettura cristiana dall'Oriente, attualmente superata in parte e contestata da altri, fu l’austriaco d’origine polacca Joseph Strzygowsky con la sua sensazionale pubblicazione Orient oder Rom, Klio, Leipzig, 1902, seguita da Die Baukunst der Armenier und Europa, Wien, 1918. Sin dai primi anni dell'adozione del cristianesimo in Armenia, assume particolare importanza la cupola, adottata dall’Iran, che rinasce, e conferisce forma e anima a numerosi edifici in Armenia come la Cattedrale di S. Edjmiadzin, 303-214, la chiesa di Bagaran, IV sec., la Cattedrale di Mren, VII sec, la chiesa di S. Hovhannes di Mastarà, V sec, la chiesa di Avan, VI sec, la basilica cupolata di Odzun, V sec, la chiesa di Okhtedrnevank, V-VI sec. la S. Edjmiatzin di Soradir, VI sec. Il discorso è avvalorato anche per il fatto emblematico che l’Armenia è considerato il primo paese in assoluto ad abbracciare ufficialmente il cristianesimo come religione di stato ancor prima dell’editto di Costantino del 313 che tra l’altro, proclamava in particolare, la libertà di culto.

Per coloro che volessero approfondire alcune tematiche riguardanti l'architettura armena, sono riportati qui di seguito due articoli (tradotti anche in lingua inglese) che prendono in consderazione le interazioni tra il territorio dell'altopiano armeno con l'architettura e le tipologie architettoniche dell'Armenia medievale.



I. Il territorio dell'altopiano armeno: interazione tra luogo e architetura  (english version)

II. Analisi delle tipologie architettoniche dell'Armenia medioevale  (english version)

 

I. IL TERRITORIO DELL'ALTOPIANO ARMENO: INTERAZIONE TRA LUOGO E ARCHITETTURA
a cura di Arà Zarian

L'architettura per noi armeni ha avuto un importante significato, come la scultura per il mondo ellenistico. Tramite l'architettura è avvenuta la massima espressione spirituale della nostra nazione.
Costan Zarian.
Beyrouth, 1952

Per capire il destino che ha favorito la formazione di una delle culture più espressive del grande Oriente Cristiano, - una cultura molto particolare che ha tratto spunti dall'Oriente e dall'Occidente, ed è stata molto presente nella civiltà bizantina come in quella musulmana, creata e formulata attraverso linguaggi, simboli, filosofie, miti, - è necessario osservare con attenzione e studiare il territorio, cioè la materia prima che ha favorito la formazione di "architetture naturali" che a loro volta hanno influenzato quelle create dall'intervento decisivo dell'uomo nell'antichità. Per comprendere qualsiasi cultura che abbia lasciato profondi segni e rilevanti valori umani e spirituali sono indispensabili comprendere il rapporto stabilitosi con il territorio nei secoli, in circostanze geografiche e spaziali precise.
Per l'armeno antico le emergenze geografiche assumevano importante significato teofanico: perciò le montagne ben individuabili all'interno dell'ampio territorio di circa 300.000 kmq, hanno ricevuto nomi e significati attribuiti anticamente a divinità le cui tradizioni sono state trasmesse anche dopo la conversione dell'Armenia al Cristianesimo.
La mitologia armena vuole che il biblico monte Ararat fosse il tempio eretto al Dio del Tempo, la divinità dominante sull'altopiano, che decideva di tutti i movimenti naturali che dovevano accadere ai piedi del maestoso monte. Seguendo questa "ierotesia", gli antichi armeni, come gli hittiti, i parti, i greci e i romani, facevano costruire le loro tombe dinastiche sulle cime dei monti più alti della Commagenia (Eski, Kalè, Nemrut', Karakash).
In Armenia il culto delle altezze si mantiene durante il Cristianesimo (adottato come religione di stato dal 301). Nessuna chiesa o convento è costruita in cima a un'altura, bensì sempre a un livello più basso, sopra un pianoro; si riteneva che la montagna rappresenti già un tempio, e dunque collocare l'edificio di culto sulla cima di una montagna, sarebbe ritenuto un sacrilegio. Questa scelta è effettuata anche in occasione della prima cattedrale cristiana armena, fondata da Gregorio Illuminatore (Grigor Lusavoritch) negli anni 301-303; in quell'occasione, fu individuato un territorio pianeggiante a Vagaharshapat, situato di fronte al maestoso monte Ararat, sul luogo dove il San Gregorio aveva avuto la visione della colonna luminosa su cui si ergeva la croce. Quest’atteggiamento è rispettato nei secoli, come possiamo notare nei casi delle chiese di: Garnì, IV-V sec., S. Croce (S. Khatch), sec. IV-V, SS. Paolo e Pietro (Poghos-Petros) di Zovunì, IV-VI sec., Jereruyk', V-VI sec., S.Sergio (Surb Sargis) di Dvin, V-VII sec., S. Giovanni (Surb Hovhannes) di Mastarà, V-VI sec, S. Giovanni di Avan, 591-609, S. Giovanni di Sissian, VII sec., Tzitzernavank', (tzitzernak-rondine, vank'-convento, convento delle rondini) VI sec., P(ë)t(ë)ghnì, VI-VII sec.
Nella vicina Georgia invece in molti casi sono state scelte proprio le cime delle montagne per l'edificazione delle chiese per es. Dj(ë)vari, VII sec., Gremi, XVI sec., Gergeti, XV-XVI sec.
Per dare un'immagine complessiva del territorio armeno (che identifichiamo con l'area occupata da quello che l'arch. Armen Zarian ha definito "Regno Ararateo di Van", definizione che con maggior esattezza riferisce l'immagine della "Grande Armenia" o dell'"Armenia Storica"), c'è da segnalare che si tratta di un altopiano (fra i 400 m. e i 2.000 m. di altitudine media) che, estendendosi tra i 38° e i 47° 30' di latitudine 37° e tra i 41° 30' di longitudine, è delimitato a Nord e a Est dai possenti bastioni dei Monti Pontici e dal Piccolo Caucaso e allungandosi verso Est, si congiunge con le catene dell'Elbrus-Khorasan. Parallelamente a queste catene montane, corrono verso Sud i monti del Tauro Armeno, allineati allo Zagros iranico, mentre a Ovest si elevano l'Anti-Tauro e l'Anti-Ponto che si prolunga dalla Cilicia verso Nord-Est per formare, unendosi ai sistemi del M(ë)njure del Menjan, il nodo dei monti della zona di Erz(ë)rum. È segnalato che da questa piattaforma ondulata, massiccia, rialzata e dislocata tra gli altopiani iranici, l'Asia Minore e l'Asia Maggiore, affiorano alture di notevoli dimensioni come: il monte Ararat composto dal Grande Masis, 5.156 m. (Azat-libero Masis) e del Piccolo Sis, 3.914 m. (Pok'r-piccolo Sis), il monte Aragatz, 4.090 m., il Nemrut, 3.050 m., il monte Sipan, 4.434 m., il Pachr, 3.282 m., il M(ë)nzur, 3.188 m.

All'interno di questa roccaforte dominante sul territorio circostante e chiusa tra catene montane, dove le alture sono divinizzate ed elette a simboli di credenze antiche e dove l'unico accesso al Regno suddiviso in feudi era costituito dalle "clusurae" o "dur(ë)n hayots" (ingressi, accessi, porte) situati sui passi e protetti da fortezze doganali, si trovavano numerose sorgenti e fiumi, ricchi d'acque dai percorsi tortuosi che andavano a fertilizzare le terre circostanti.
I fiumi principali, donatori di vita sono quattro: il Tigri (=Tigris), lungo 1.950 km; l'Eufrate (= Jep'rat), con i suoi due rami: (L'Eufrate Orientale o l'Aratzanì (500 km.) e l'Eufrate Superiore, lungo 2.700 km; l'Arax (= Jeraskh), lungo 913 km e, infine, il fiume Kura (=Kur), lungo 1.364 km. Questi fiumi mitologici insieme ai tre bacini dei laghi di Sevan (storicamente chiamato Geghark'unyats Tzov-Mar Splendito, h. 2. 000 m.), Van (o lago di B(ë)znunyats, h. 1.720 m.) e Urmia (o Kaputan Tzov- Mare Blu, h. 1.250 m.), situati in posizione triangolare tra il Mar Nero e il Mar Caspio, erano legati al culto del Dio delle Acque, il Vishap (drago) che si ritrova scolpito sulle rocce simili a un enorme pesce, o realizzato in massi di granito di notevoli dimensioni (3-3,5 m.), comunemente posti in verticale (simili ai menhir), attorno agli specchi d'acqua circolari formati dai crateri dei vulcani spenti da secoli.
I percorsi di questi fiumi hanno favorito la fioritura delle città armene che si sono succedute nei secoli come capitali del potente Regno Armeno. Sono le città Artashat, Vagharshapat, Jervandashat, Armavir, Tigranakert, Anì, che promossero la fondazione di tante chiese e templi d'epoca precristiana lungo le verdi vallate dell'Altopiano Armeno. Dove l'acqua veniva a mancare, i re urartei costruivano dei canali artificiali a uso agricolo; uno dei più famosi è il canale di Shamiram lungo 80 km, costruito dal re urarteo Menuà nel IX sec. a.C. le cui acque ancora oggi irrigano i terreni presso la città di Van (l'antica Tushpa del Regno Urarteo). Le sorgenti d'acqua hanno costituito i fattori principali nella scelta storica dello stanziamento delle popolazioni Ar-Arà, di religione Solare, concentrate attorno ai bacini dei laghi Van e Sevan, dove scavi archeologici confermano la presenza d’importanti insediamenti urbani araratei (Tushpa, Sevan, Hayravank', Vanevan,). La scelta consapevole delle vallate dei fiumi, ove spesso passavano le famose strade carovaniere di commercio internazionale, delle rive dei laghi, delle isole, delle penisole, già individuate come località d'importanza spirituale, vitale, paesaggistica, politica, religiosa, strategica, economica, urbanistica, con la diffusione all'inizio del IV secolo del Cristianesimo in Armenia come religione di Stato, si propone anche per i nuovi edifici di culto come continuazione della tradizione, sebbene sostanze e concetti siano completamente nuovi. A proposito vanno ricordate chiese e conventi fondati nel medioevo in luoghi anticamente deificati che avevano un’importanza simbolica nel periodo pagano e situati lungo i tracciati delle profonde valli dei fiumi, come quelli sul fiume K'asagh: le chiese di Santa Domenica (Surb Kirakì) di Arznì (VI sec.), S Tziranavor di Ashtarak (VI sec.), i conventi di Hovhannavank', VI, XIII sec., Saghmosavank', XIII  sec., i conventi del fiume Aghstev: Makaravank', IX-XIII sec., Haghardzin, XII-XIII sec., Goshavank', XII-XIII sec., Mat'osavank', XIII sec., Jenokavank', XIII sec., Deghdzuti vank', XIII sec., oppure gli edifici di culto cristiano eretti attorno al lago Sevan: il convento di Vanevan, VII-X sec. le chiese di Madre di Dio (Surb Astvatzatzin) e S. Risurrezione (Surb Harut'yun) dell'isola (ora penisola), IX-X sec., i conventi di Hatsarat, IX sec., Masrats Anapat, IX sec., Shoghagavank', IX sec., Kot'avank', IX sec., Mak'enatsotsvank', IX-X  sec., Hayravank', IX-X sec. e il monastero costruito nell'isola di Aght'amar, IX-X sec., sul lago di Van. Tanti di questi conventi costruiti nel medioevo, sono stati eretti in luoghi dove già esistevano edifici di culto del periodo precristiano, totalmente demoliti all'inizio del IV secolo e sui cui resti erano edificate le nuove chiese. Esempi che testimoniano la continuità di questa tradizione si hanno tutt'oggi, come la Cattedrale di Edjmiatzin I, (luogo della discesa dell'Unigenito, IV-V-VII sec.), la basilica a navata unica di SS. Paolo e Pietro a Zovunì, (IV-VI sec.), il convento monastico di Astvatzënkal, (V-XII sec.), il convento di Hovhannavank', (V-XIII sec.), la chiesa a pianta centrale di Hrip'simè, (618), la chiesa cruciforme di K'arashamb, (VII sec.), la chiesa di S. Giovanni di Mastarà, (V-VI sec.).  
La natura vulcanica del suolo dell'altopiano armeno dovuta allo scontro della piattaforma settentrionale con quella meridionale cui sono seguiti l'innalzamento e il corrugamento della superficie terrestre, ha favorito la formazione di materiali d'origine vulcanica: il tufo, la pomici, la scoria. Sono molto preziosi anche i materiali vetrosi come perliti e ossidiane che sono localizzati soprattutto nella zona centrale dell'attuale Repubblica. Oltre a questi materiali leggeri, facilmente disponibili e lavorabili (i tufi possono essere tagliati manualmente con una semplice sega da legna), l'Armenia è molto ricca di pietre dure quali i basalti, le andesiti, e i graniti. Meno diffusi sono i marmi, le pietre calcaree, le dolomiti, le pietre gessose e i quarzi. Sin dalla messa in opera dei blocchi di materiale lapideo nelle mura ciclopiche delle città del Regno Ararateo di Van, fino all'arte del "ricamo" sulla pietra dei maestosi khatchk'ar, gli scalpellini armeni hanno saputo scegliere le cave, tagliare e  trasportare accuratamente i blocchi, lavorare e mettere in opera i meravigliosi materiali lapidei d'Armenia che la natura così generosamente ha donato. Fra essi il gruppo più espressivo è certamente costituito dalla vasta gamma dei tufi, materiale maggiormente impiegato per la costruzione di chiese, conventi, palazzi, ponti, caravanserragli, in tutto il territorio dell'Armenia Storica (ora la Repubblica Armena comprende solamente un decimo del territorio originario oggi suddiviso tra la Turchia, l'Iran, la Siria, l'Azerbaidjian e la Georgia). Il tufo, inoltre, ha ottime qualità d’isolamento termico e acustico e offre una vasta gamma cromatica (bianco, giallo, marrone, rosa, rosso, nero). L'edificio costruito con questo materiale, s’inserisce perfettamente nell'ambiente circostante costituito da rocce dello stesso materiale vulcanico. Esso si presta bene alla realizzazione di un certo tipo di costruzione dell'alzato detta midis, grazie alla quale diventa possibile l'esecuzione di elementi geometrici come le volte a botte, gli archi trasversali, le esedre diedriche, le nicchie armene, le calotte, le semisfere delle cupole, gli archi incrociati ecc. Il "muro armeno" rappresenta una struttura composta di tre strati, due dei quali costituiscono i paramenti esterni e interni, perfettamente levigati, al loro interno è realizzato un getto costituito prima dal materiale avanzato dalla lavorazione dei blocchi stessi, poi da una malta fluida di tipo cementizio. Studi recenti confermano che il muro costruito con questa tecnica (utilizzata anche nell'edilizia moderna però con l'uso dell'acciaio), dopo due-tre anni dalla sua esecuzione acquista una struttura monolitica e, se eseguita in maniera corretta, può mantenere le sue qualità per secoli, nonostante gli sbalzi della temperatura e le condizioni atmosferiche. Questo tipo di muratura e la regione stessa dell'Armenia, zona ad alto rischio sismico, hanno determinato la nascita di tipologie particolari (Edjmiatzin, Bagaran, Hrip'simè), l'invenzione di soluzioni costruttive anti-sismiche (con elementi quali le fasce di pietra incastro, come nel campanile di Haghbat, le nicchie triangolari esterne situate nell'interspazio del paramento tra abside e cappelle laterali com’è il caso della chiesa di Hrip'simè e di tanti altri edifici di questa tipologia) che, arricchiscono a loro volta, di nuovi elementi la produzione architettonica.
La scelta della forma progettuale logica, matematica, massiccia, di una volumetria plastica interna, l'uso dei giochi d'ombra e dei chiaro-scuri, la severità, ma anche la chiarezza e la semplicità delle forme prescelte nell'espressione esterna dell'edificio, crea un insieme felice per questi "gioielli" sparsi sulle colline.  L'esatta scelta tipologica, l'uso specifico dell'edificio religioso, la coscienza dell'importanza dell'impresa, la presenza di altri valori naturali o costruiti sul territorio circostante, il carattere del popolo formatosi alla presenza dei suoi miti e simboli, sono i fattori più importanti che influenzino direttamente, il rapporto tra il costruito e la natura.
La simbologia ha avuto sempre un'importanza decisiva per una scelta armonicamente perfetta. Ne sono esempio gli eremi semidistrutti, localizzati in posti disabitati e difficilmente raggiungibili, situati sui declivi di dolci colline, protette da rocce massicce, dalle cime fortificate. (Tsakhats K'ar, XI sec., Spitakavor, XII-XIV sec., Shatinvank', XVII-XVIII sec., tutti nella reg. Jeghegnadzor, R.A. Il confronto fra il costruito e il paesaggio si evidenzia nel carattere della gente e si ritrova negli edifici religiosi, dimostrando l'abilità degli armeni nei confronti dell'interazione tra l'ambiente naturale e quello costruito.
Nonostante la presenza dell'ideologia omogenea data dalla fede cristiana, i canoni della chiesa armena, dalle scelte architettoniche degli spazi interni e le volumetrie spaziali esterne, alle diverse peculiarità della geografia del territorio hanno stimolato la valutazione e la scelta di espressioni individuali localizzate in diverse regioni (gavar). Ciò ha favorito la nascita di scuole regionali di architettura armena che portano i nomi degli stessi gavar: Shirak, Gugark', Ayrarat, Syunik', Vaspurakan, Anì, Artsakh, Tayk'. Nonostante la diffusione delle varie tipologie su tutto il territorio dell'Altopiano Armeno, l'interpretazione locale, trasmessa attraverso forme architettoniche monumentali, creò un rapporto differente in cui si evidenziarono particolarità riguardanti non solamente le usanze e la tradizione strettamente locale, ma anche un nuovo rapporto nel modo di costruire e inserire gli edifici nei luoghi prescelti.
Un ultimo cenno riguarda il raggruppamento di numerosi edifici costruiti in età diverse attorno ad un unico nucleo, in luoghi sacri, quindi carichi di simboli e miti. La composizione architettonica-planimetrica si sviluppa con una certa logica spinta a rispettare con precisione gli assi fondamentali di simmetria, il rapporto volumetrico delle forme architettoniche dettate dalle esigenze del Centro spirituale e culturale. Questa nuova espressione specifica è inevitabilmente appoggiata dalle relazioni con l'ambiente naturale circostante, di cui diventa il fattore più importante per il raggiungimento dello scopo voluto. Interessanti esempi di monasteri e conventi dalle architetture complesse e raffinate che presentano un'interazione straordinaria tra natura e edificio, sono dati dai monasteri di: Vorotnavank', VII-X sec., reg.
Ghap'an, Tat'ev, X-XI sec., reg. Goris, Vahanavank', X-XI sec., reg. Ghap'an, G(ë)ndevank', X-XIII sec., reg. Vayk', Kh(ë)tzkonk', XI sec., vilayet' di Kars, Gandzasar, XIII sec., reg Mardakert in Artsakh.

 

BIBLIOGRAFIA  IN RIFERIMENTO ALL'ARTICOLO
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A. Zarian, Aknark hin ev midjnadaryan Hayastani k'aghak'ashinut'yan patmut'yan, (Cenni storici sull'urbanistica dell'Armenia del periodo antico e medievale), Erevan, 1986, (in armeno). 
A.A.V.V., Gli armeni, Jaca Book, Milano, 1986.



I. THE NATURAL SETTING OF THE ARMENIAN PLATEAU AND THE INTERACTION BETWEEN THIS ENVIRONEMENT AND ARCHITECTURE
researched by: Arà Zarian

ABSTRACT
One of the oldest and most interesting cultures of the Christian East has taken roots in the Armenian mountainous region. Therefore, inevitably, this culture carries the characteristic elements of the geographical and natural environments which have influenced the beliefs, symbols, myths and philosophical concepts of its inhabitants. It is important to understand that, for Armenians, the interaction which the natural environment had been founded on the theophanic harmonization with key geographical focal points. A major role is assigned to the mountain ranges witch emerge from the 300,000 km2 ridged Armenian plateau (the modern Republic of Armenia covers only one tenth of this area). These include the biblical Ararat (5158 m.), which, according to legend, was the temple of the God of the Time; the rivers flowing from the mountains to the valleys, such as the Tigris, the Euphrates, the Kur, and the Arax; the lakes formed in the craters of ancient extinct volcanoes or as a volcanic formation, Sevan (Kegharkounyats, 1916 m.), Van & B(ë)znounyats, 1720 m./ and Ourmiya (Kapoutan, 1250 m.) which were the symbols of the cult of the Dragon-stones (vishapak'ar). Many geographical focal points which have become centres of worship, kept their theophanic connection well into the Christian era (King Thirtades adopted Christianity as the official religion of the state in 301 A.D., and spread  it across Armenia with Gregory the Illuminator). This is the main reason why Christian edifices were never built on mountain summits, because these were considered "natural temples".
The Armenian mountainous highlands which have a mean altitude of 1500-1800 m., have a geographically commanding position with respect to neighbouring Asia Minor (1200 m.) and Iran (1400 m.). This region spans the area between 37° and 41° 30' longitude and 38° and 47° 30' latitude. It is criss-crossed by numerous mountain ranges and could be accessed only through special narrow passes that were open in all directions. These were known in ancient times as the "Gateways to Armenia" (drounk' hayots) and were guarded by fortified outposts. These specific natural characteristics have dictated the locations of cities, temples, caravan routes, bridges and aquaducts since the Ourartou period (9th to 6th c. B.C.). During the Christian period, many churches were built on the foundations of destroyed pagan temples; such as the Cathedral of  Holy Edjmiadzin (the place where the Only-Begottens came together, 4th, 5th and 7th c.), the church of Boghos-Petros of Zovounì (4th to 6th c.), the cruciform church of K'arashamb (7th c.); others were built along river valleys, close to lakeshores and, in the case of monasteries, in uninhabited locations. For example, along the K'asagh river we find the churches of S. Kirakì (Holy Sunday) at Arznì (6th c.), S. Tziranavor at Ashtarak ( 6th c.), Hovhannavank' (4th, 13th c.) and Saghmosavank' (13th c.) monasterial complexes; on the island in lake Sevan there are the Sourb Astvatzatzin (=Holy Mother of God, 874) and Sourb Harut'yun (=Resurrection, 874) monasteries. Around the areas close to the shore there are Hatsarat (9th c.), Masrats Anapat (9th c.), Kot'avank' (9th c.),  Mak'enatsots Vank' (9th- 10th c.); on Akht'amar island in lake Van, the Surb Khatch (=Holy Cross, 9th 10th c.); in uninhabited and innaccessible regions we find Tsakhats K'ar (11th c.), Spitakavor (12th-14th c.), Shativank' (17th-18th c.) and so on.
The volcanic origin of the region has contributed to the formation of volcanic rocks, of which the most widely used building materials are the tufas, slags, basalts, granites and andesites. By far, the most widely used material is the tufa stone, which can be easily worked with, has a multicolour ornamental advantage and high thermo-insulating characteristics. The selection of this material has dictated a specific type of masonry (midis) which was adopted to implement structural solutions, which, in turn, were the expressions of architectural and ideological conceptualizing implementations. The choice of the stone, the method of its working and the architectural form have all contributed to the harmonious integration of churches and monasteries with the surrounding natural environment.
The differing regional geographical, climatic and ethnic characteristics have brought about individual architectural schools (even within the clear ideological and expressionistic context of medieval Armenian architecture). These are the schools of Shirak, Gugark', Ayrarat, Syunik', Vaspurakan, Anì, Artsakh and Tayk'. This phenomenon is manifested in interesting solutions to the concept of harmony and integration between the natural setting and the structure being erected; particularly, in light of natural characteristics, structural, techniques, local traditions and cultural heritage. In this context, it is very interesting to note the evolution of monasteries around individual medieval churches. This, in fact, is an interaction not only with the natural surroundings, but also with the gradual development of spiritual, lifestyle, educational and even defense structures, as well as among their surface and spatial design concepts.
These kinds of interpretations and interactions are well resolved within several famous monasterial complexes such as, Vorotnavank' (7th, 10th-11th c.), Tat'ev (10th-11th c.), Vahanavank' (10th-11th c.), G(ë)ndevank' (10th-13th c.), Kh(ë)tzkonk' (11th c.) and Ganzasar (13th c.).

indice articoli



II. ANALISI DELLE TIPOLOGIE ARCHITETTONICHE DELL' ARMENIA MEDIOEVALE
A cura di Arà Zarian
Vom Ararat gehen also noch in verhältnismäbig naher
geschichtlicher Zeit Wellen nach dem Westen, die das
Bild der Kunstentwichlung beleben und die einseitige
Einstellung des Abendlandes auf die
Basilika unterbrechen.
Josef Strzygowsky,
Wien, 1918 

Lo studio sistematico e scientifico dell'architettura religiosa armena inizia negli anni 90 del secolo scorso con i primi scavi effettuati ad Anì da Nikoghayos Marr e in seguito, dal primo decennio del nostro secolo, da Toros Toramanian sempre ad Anì e a Vagharshapat. Le ricerche effettuate sui reperti delle numerose chiese di Anì, la ricostruzione di T.Toramanian della chiesa palatina di Zvart'nots, che suscitò tante polemiche, e gli scavi a Edjmiatzin, durante i quali sono scoperti le fondamenta dell'abside e altri reperti appartenenti alla chiesa primitiva, attirano l'attenzione di numerosi ricercatori europei impegnati a studiare i contatti culturali tra l'Oriente e l'Occidente. Gli sforzi di T.Toramanian hanno notevolmente contribuito alla "scoperta" dell'architettura armena che presto è interpretata e analizzata da un prestigioso staff di studiosi tra i quali: Ch. Texier, Dubois de Mortpereux  F., J. Strzygowski, Rivoira J. Baltrusaitis, Dieulafoy, R. Curzon, H. Glück, W.M. Ramsay, C.L. Bell, H. Rott, K. Schnaise ed altri. Inizialmente, i tentativi per un'affermazione di questa nuova visione dell'architettura armena proposta da studiosi stranieri sono stati notevoli: grazie ad essi, ora abbiamo la possibilità di costatare che il dilemma dell'origine dell'architettura armena, per gli aspetti fondamentali, si è chiarito. A questo proposito è importante il tema che riguarda le varie influenze dell'architettura armena su quella occidentale. In particolare la diffusione della composizione centrale del tipo "edjmiatzin-bagaran" durante il regno di Carlo Magno (742-814) e particolarmente in Italia durante il Rinascimento. A questo proposito J. Strzygowski scrive: "I grandi architetti del Rinascimento italiano hanno concentrato le loro capacità per riuscire a costruire la cupola, come la facevano in Armenia, cioè, nel significato che la calotta è l'evocazione della volta celeste.  Con questo concetto si è sviluppata, e tutt'oggi continua svilupparsi l'architettura in Occidente", (Die Baukunst der Armenier und Europa, band II, p.862, Wien, 1918).
L'architettura religiosa armena è soprattutto un'architettura lapidea, realizzata in tutti gli elementi costruttivi con una tecnica "a secco". Questo fatto certamente ha portato a una scelta ben precisa delle tipologie, attraverso le quali sono trasmesse i concetti fondamentali, ideologici della religione armena.
Per lo studio dell'architettura armena si usa una suddivisione in alcune fasi fondamentali di sviluppo. Il primo periodo, chiamato "formativo", si estende dall'inizio del IV sec. fino al VII, periodo, durante il quale sono state create le tipologie fondamentali che riflettono l'originalità della tradizione culturale precedente e l'enorme bagaglio di una creatività innovativa e molteplice. Nelle nuove chiese, spesso edificate sulle fondamenta di quelle demolite del periodo pagano, si evidenziano le seguenti tipologie: chiese a navata unica, basiliche a tre navate, chiese a pianta centrale, chiese cruciformi, chiese a sala cupolata (kuppelhalle), basiliche a tre navate cupolate.
Il tipo più diffuso sin dall'inizio della nuova era si presenta con una pianta a navata unica voltata a botte e abside orientata con l'abside maggiore verso l'oriente e con l'ingresso principale verso l'occidente, principio che è scrupolosamente mantenuto durante la costruzione di qualsiasi edificio religioso in Armenia. A questo tipo appartengono le chiese di: Dj(ë)rvezh, IV-V sec., reg. Abovian, Rep. Armena (R.A.), (fig.1), a campata unica e con l'abside sporgente poligonale; S. Hrip'simè di Verishen, V-VI sec., reg. Goris, R.A.,(fig.2) a campata unica con e con l'abside sporgente di configurazione semicircolare; S. Astvatzatzin di Aragyugh, V-VII sec., reg. Nayrì, R.A.,(fig.3), a campata unica e con l'abside semicircolare inglobata nel perimetro rettangolare; ed infine, la S. Astvatzatzin di Avan, V-VI sec., terr. urb. di Jerevan,(fig.4), a due campate e con l'abside inglobata semicircolare e navata.
Con la diffusione della nuova religione in Armenia aumenta la popolazione da convertire al cristianesimo e, di conseguenza, le chiese a sala unica subiscono delle modifiche; vengono addossati all'angolo esterno Sud-Est della sala i fonti battesimali (m(ë)k(ë)rtaran) a cielo aperto, composti di una semplice abside (khoran) semicircolare, destinati a fedeli che dovevano ancora essere battezzati prima di accedere all chiesa. Questo elemento diventa subito oggetto di sviluppo architettonico ed è modificato e ricreato fino ad assumere una forma di piccola cappella (avandatun), in seguito presente in tutte le tipologie presso la zona dell'abside maggiore. Il fonte battesimale a cielo aperto è presente nella basilichetta presso Shoghakat' in Edjmiatzin, V-VI sec., (fig.8) la cappella voltata a botte e addossata all'angolo Sud-Est la troviamo nella chiesa di Karnut-Diraklyar, V sec., reg. Akhurian, R.A., (fig.7). Una disposizione bilaterale delle cappelle all'esterno dell'abside con accessi dal bema, si ritrova nella chiesa di Dj(ë)grashen, VI sec., reg., Step'anavan, R.A.(fig.6);  cappelle allineate invece a Hobardzì, VI sec., reg. Step'anavan, R.A., (fig.5) e, infine, una composizione con la presenza di quattro cappelle angolari inglobate nel perimetro rettangolare dell'unico volume a S. Gregorio in Haghbat, 1005-1025, reg., T'umanian, R.A., (fig.9). La presenza di queste cappelle stimola a creare dei porticati (syunas(ë)rah) lungo la facciata longitudinale, come si vede a T'anahat, V sec., reg. Sissian, R(fig.10), R.A., oppure portici angolari come nel caso di G(ë)tevank', VI sec., reg. Step'anavan,(fig.11) ed infine, a forma di "U", avvolgente tutte le tre facciate della chiesa a navata unica a T'ormakavank' di Gyulagarak, VI sec., reg. Step'anavan, R.A,(fig.12). Lo schema della chiesa a navata unica coperta da volte a botte, prolungandosi in corrispondenza all'asse Est-Ovest, arriva a un massimo di cinque campate realizzate da semiarchi addossati trasversali: es. S. Gevorg a Sverdlov, VI sec., reg. Step'anavan, R.A., (fig.13).
La composizione longitudinale, diffusa anche in Siria e in Persia, non è l'unico schema di partenza per gli edifici del cristianesimo in Armenia. Il tipo di massima importanza e interesse architettonico si evidenzia con la fondazione della prima chiesa cristiana armena a Vagharshapat, la Cattedrale o la Madre Chiesa (Mayr Tadchar) del Santo (Surb) Edjmiatzin negli anni 301-303 da parte di Gregorio Illuminatore (Grigor Lusavoritch), (fig. 15) il primo Kat'olikos armeno. Sulla composizione dell'origine della pianta di questa chiesa, esistono ipotesi contraddittorie. La più diffusa e accettata da molti studiosi anche stranieri, è la ricostruzione analitica di T.Toramanian che, confrontando la Cattedrale di Edjmiatzin con la sua ricostruzione della chiesa di Arak'lots di Anì, ipotizza, che la pianta originaria della Cattedrale di Edjmiatzin rappresenti un grande quadrato a croce inscritta, quattro vani angolari e cupola originariamente in legno, (fig.14). Questo schema si sottopone a un rifacimento nel 484-486, per opera di Vahan Mamikonian, grazie al quale la pianta è trasformata in un tetraconco ad absidi sporgenti poligonali con due cappelle presso l'abside, addossate sui lati Nord e Sud, con quattro pilastri liberi a croce situati nella parte centrale di sostegno della cupola innalzata su un tamburo slanciato su quattro pennacchi angolari e altre quattro cupolette in ciascuno degli angoli del quadrato. (Sargis, questa parte su Edjmiatzin è stata parzialmente modificata senza entrare molto nel dettaglio. La fig.15 è quella che avete già riportato invece la fig.14 deve risultare la ricostruzione di T.Toramanian. L'opinione di Armen Zarian, Vahagn Grigorian, che è condivisa avche da me, per quanto riguarda la pianta originale, è contraria a quella di Toramanian, Sahinian, Eremian, Harut'yunyan. Le fonti storiche, cioè Agat'angheghos, Ghazar P'arpetsì, P'avstos Buzand, descrivono la costruzione della Cattedrale per opera di Gregorio Illuminatore in forma di visione. La descrizione è molto chiara ed è in sostanza il documento-proggetto dell'identità dell'opera. Il concetto si termina nella creazione di un ambiente centrale con quattro colonne libere sulle quali si appoggiava la cupola.  La composizione di quest’organismo centrale stimola la creazione della composizione del tipo "bagaran" espresso nei seguenti edifici: S. Giovanni a Mastarà, V-VI sec., reg. T'alin, R.A. dove sono assenti i quattro pilastri liberi e la cupola si appoggia direttamente sui mura perimetrali, Bagaran, VII sec., vilayet' di Kars, A.S., (fig.16), S. Sargis di Art'ik, VII sec., reg. Art'ik, R.A., (fig.18), Voskepar, VII sec., reg. T'umanian, R.A., S. Grigor di Haridchavank', VII sec., reg. Art'ik, R.A. L'elaborazione più artefatta di questo schema sicuramente centrale, si evidenzia nelle chiese del tipo "hrip'simè" nel quale compare un nuovo elemento architettonico, le nicchie cilindriche coperte da semicalotte diedriche situate sugli assi diagonali d'accesso alle quattro cappelle situate in ciascun angolo della pianta rettangolare. La chiesa più antica di questo tipo è Okhtë D(ë)rnin vank' di Mokhrenis, situata nella regione di Hadrut' nell'Artsakh (Repubblica Autonoma del Gharabagh) e costruita nei secoli V-VI., (fig.17). L'esempio più compatto decisamente è quello di S. Giovanni ad Avan, 591-609, terr. urb. di Jerevan,(fig.19), invece quello più elaborato e raffinato si presenta con la chiesa di Hrip'simè a Edjmiatzin, costruita nel 618 dal Kat'olikos Komitas I, dove si elaborano anche le nicchie triangolari, dette anche "nicchie armene", effettuate in coppia su tutte le facciate dell'edificio. Questo elemento viene spesso usato anche come intervento antisismico nelle chiese del tipo: sala cupolata, basiliche a tre navate, a croce inscritta o su tutte le facciate o solamente sulla facciata orientale, cioè, dalla parte dell'abside. Un altro esempio rilevante di questo tipo è rappresentato dalla chiesa di S.Edjmiatzin a Dzoradir, vilayet' di Anì del VI-VII sec., scoperta e studiata nel 1967 durante una missione scientifica di architetti italiani nel territorio dell'Armenia Storica. Cronologicamente la costruzione di questa chiesa avviene subito dopo l’Okhtë D(ë)rnin Vank' ed è la prima prova del tipo "hrip'simè" a pianta articolata. La S.Edjmiatzin di Dzoradir in pianta ha solamente due cappelle addossate all'abside centrale. Il tamburo rifatto nel XVII secolo, assieme alla cupola, si evidenziano a forma cubica con copertura a padiglione innervata da due coppie di archi incrociati.
I due tipi della chiesa a navata unica e quella a pianta centrale che portano alle composizioni longitudinali e centrali, dominano durante tutto il periodo della fase formativa dell'architettura religiosa armena su tutto il territorio dell'altopiano. Nel periodo maturo (IX-XIV sec.) e in quello tardo (XV-XIX sec.) gli schemi già elaborati e approvati nei secoli si riproducono, con prevalenza di quelli centrali. Il tema della cupola, come simbolo e materializzazione della sfera celeste, assume un'importanza fondamentale. Nello stesso tempo, non bisogna dimenticare anche la diffusione delle basiliche a tre navate, le prime delle quali sono fondate già nel IV secolo come: S.  Croce, (Khatch) di Aparan, reg. Aparan, R.A., (fig.22), Jereruyk', V-VI sec., reg. Anì, R.A., (fig.25), S. Sarkis a Tekor (prima delle trasformazioni a chiesa cupolata), IV sec., vilayet' di Kars, A.S., (fig.26), Tzitzernavank' (=convento delle rondini), V-VI sec., reg. Latchin in Artsakh, R.A.GH., (fig.23).
L'esteso laboratorio tecnico-stilistico, ideologico-filosofico dell'identità cristiana armena produce sintesi magnifiche nell'integrazione delle composizioni longitudinali e centrali che costruiscono a interessanti creazioni nelle chiese cupolate a navata unica, chiamate anche Kuppelhalle e le basiliche a tre navate cupolate. Al primo tipo appartengono le chiese di: Paolo e Pietro di Zovunì, IV-VI sec., reg. Aparan, (fig.20), dove, all'inizio del VI secolo fu demolita la volta a botte e i muri interni Nord e Sud furono addossati massicci semipilastri articolati, sui quali si appoggiavano un tamburo e la cupola oggi scomparsi. Dal VII secolo in poi, molte chiese vengono costruite con la tipologia a sala cupolata come: P(ë)t(ë)ghnì, VI-VII sec., reg. Abovian, R.A.,(fig.21), S. Tadeos Apostolo (Arak'yal) di D(ë)dmashen, VII sec., reg. Sevan, R.A.,(fig.24), S. Grigor di Arudch, VII sec., reg. Ashtarak, (fig.27). La disposizione del baldacchino centrale su strutture longitudinali avviene anche nel caso delle basiliche a tre navate, come possiamo osservare nel caso della trasformazione, avvenuta tra la fine del V e l'inizio del VI secolo, della basilica a tre navate, a tre campate e abside poligonale sporgente di S. Sargis di Tekor (nella reg. Kars dell'Armenia Storica), dove un portico circonda i lati Nord, Sud, Ovest partendo dalle due cappelle adiacenti all'abside, mentre sulla campata centrale è innalzata una cupola parabolica su tamburo quadrato impostato su quattro pilastri liberi cruciformi. Contemporaneamente a questa prima prova di trasformazione essenziale, sono costruite numerose chiese del tipo basilica a tre navate cupolata come: la Kat'oghikè (chiesa maggiore) di Dvin, V sec., reg.
Ashtarak, R.A., (fig.30), S. Gayanè a Edjmiatzin, 630, Bagavan, 631-639, reg. Bagavan, A.S., (fig.29), Odzun, VII sec., reg. T'umanian, R.A., (fig31), e altre.
Il tema fondamentale della cupola armena porta alla ricerca di nuove tipologie architettoniche e già, all'inizio del VII secolo si assiste allo sviluppo d’impianti centralizzati cruciformi quali i monoconchi, triconchi e i tetraconchi: Morudzorivank', VI-VII sec., reg. Idjevan, R.A. con abside sporgente semicircolare, S.Ghazar di Sarnaghbyur (=sorgente fredda), VI sec., reg. Anì, R.A., (fig.32), con braccia esterne rettangolari come le chiese di S. Stap'anos di L(ë)mbatavank', VII sec., reg. Art'ik, R.A., S. Astvatzatzin di Art'ik, V-VI sec., reg. Art'ik, R.A., (fig.33) ed altre. Questo schema nel periodo maturo (IX-XIV sec.) favorisce la formazione del tipo a croce inscritta citato nella letteratura come chiese del tipo a croce armena. Alcuni esempi sono le chiese di: S. Astvatzatzin di Narekavank', X sec., vilayet' di Van, A.S., S. Giovanni (Hovhannes) di Varagavank', X-XI sec., vilayet' di Van, A.S., (fig.34), S. Karapet di Vorotnavank', IX-X sec., reg. Sissian, R.A.
Gli ultimi esempi di composizione centrale esordiscono con la fondazione ad opera del Kat'olikos Nerses III, detto shinogh(l'edificatore), della maestosa "rotonda" Zvart'nots (delle "Forze vigillanti") presso Vagharshapat, di fronte al monte Ararat nel 643-659. Si tratta di una chiesa a pianta centrale complessa a nucleo tetraconco libero circondato da un deambulatorio definito da un muro circolare, esterno, cupola su quattro piloni massicci di articolazione triangolare. Per ottenere una maggior "trasparenza" dell'ambiente interno, tranne l'abside centrale, le altre tre erano abbinate a colonnine su arcatelle leggere d'un ritmo armonico e ripetitivo. Questo voluminoso edificio ripartito in tre piani, crollò nel X secolo a causa di un violento sisma, e non fu mai ricostruito. Nello stesso periodo, in altre zone dell'Armenia, sotto la sorveglianza dello stesso Nerses, vengono costruiti edifici dello stesso tipo come: Ishkhan, VII sec., vilayet' di Erzërum, A.S., Banak, VII sec., vilayet' di Erz(ë)rum, Liakit', VII sec., nell'Aghvank', ora tutti distrutti e mai ricostruiti. L'elaborazione della composizione planimetrica e spaziale degli organismi centrici circolari, porta alla creazione di varietà espressive come vediamo nei seguenti esempi: la chiesa esaconca S.Trinità (Jerrordut'yun) di Aragatz, VI-VII sec., reg. T'alin, R.A., l'ottaconco di Zoravar S. T'adeos di Jeghvard, VII sec., reg. Nayrì, R.A., (fig.36), oppure il tetraconco con absidi inglobate nel perimetro circolare come nel caso di Kh(ë)tzkonk', XI sec., vilayet' di Kars, A.S.
I cambiamenti all'interno del paese causati dalla nuova situazione socio-politica, connotati dall'arrivo al potere di famiglie di nakharar (governatore regionale), come quella dei Bagratidi (Bagratunì) o degli Artzrunì nel IX secolo, favoriscono una vasta attività edilizia nel campo dell'architettura monastica. In tutte le regioni e particolarmente nello Shirak, Syunik', Ayrarat, Vaspurakan, Tayk', Artsakh, Gugark', si fondano nei conventi importanti centri ecclesiastici e culturali, università (hamalsaran) e biblioteche di manoscritti (matenadaran) come: Horomos, X-XII sec., vilayet' di Kars, A.S., Tat'ev, X-XI sec., reg. Goris, R.A., (fig.37,38), Sanahin, X-XIII sec., reg. T'umanian, R.A., Kh(ë)tzkonk', XI sec., vilayet' di Kars, A.S., Vorotnavank, VII, XI sec., reg. Sisian, R.A., Ketcharis, XI-XII sec., reg. H(ë)razdan, R.A., Haghartzin, XI-XIII sec., reg. Idjevan, R.A., Saghmosavank', XIII sec., reg. Ashtarak, R.A., Hovhannavank', V, XIII sec., reg. Ashtarak, R.A., Geghard, XIII sec., reg. Abovian, R.A., Gandzasar, XIII sec., reg. di Mardakert nell'Artsakh, e molti altri. I nuovi organismi monastici, fondati e ampliati nei secoli attorno a edifici religiosi già esistenti, contribuiscono alla nascita di nuovi concetti e all'ideazione di nuove forme architettoniche corrispondenti alle necessità delle attività spirituali, didattiche e culturali dei monaci e degli studiosi. Nella costruzione del complesso uno dei primi edifici eretti è il gavit', composto di un ambiente quadrato (raramente rettangolare) anteposto alla chiesa maggiore e in asse con la stessa, destinato a usi civili e religiosi, per lo più coperto da archi incrociati su pilastri centrali, liberi o addossati ai muri d'ambito e da volte, anch'esse poggianti su muri d'ambito. La parte centrale dei gavit' è coperta da cupolette di base ottagonale raccordate da elementi angolari o stalattidi esternamente sormontate da lanternine cuspidate per colonne disposte a perimetro circolare. Questa composizione permette di ottenere un'illuminazione zenitale dell'ambiente.  I gavit' più famosi a quattro pilastri liberi sono quelli di: Sanahin, Goshavank', Haghartzin, Makaravank', (fig.39), Tegher; a due pilastri liberi quelli di: Sh(ë)khmurad, M(ë)shkavank', Haghpat; a semipilastri addossati quelli di: Khorakert, Norvaragavank', (fig.40).
Un altro tipo di edificio d'uso civile è rappresentato dagli zhamatun, grandi ambienti rettangolari posti singolarmente nei territori dei conventi circondati da mura fortificate, di composizione architettonica simile ai gavit', nei quali si svolgono riunioni con la partecipazione di principi e chierici. Sono noti gli zhamatun dei conventi di: Haghartzin, Sanahin, Haghpat, Goshavank', (fig.41), Saghmosavank', (fig.42), Geghard ecc. Oltre a questi due tipi caratteristici nei grandi centri medioevali armeni, si creano nuovi ambienti come: biblioteca (matenadaran), accademia (dchemaran), campanile (zangakatun), cripta (tapanatun), refettorio a pianta rettangolare coperto da volta a botte o ad archi incrociati con illuminazione zenitale (seghanatun), sacrestia (n(ë)shkharatun), archivio (divanatun).
Nei vasti complessi monastici sono presenti anche le chiese funerarie a piani sovrapposti chiamati anche mausolei. Questa particolare tipologia della tradizione monastica nell'architettura medioevale armena, utilizzata anche come edificio singolare fuori dai conventi, è caratterizzata dalla presenza della camera sepolcrale al primo piano e della cappella con l'altare semicircolare al piano superiore e accessibile solamente tramite una scala esterna a peduccio. Sono note le chiese a due piani di: S. Step'anos di Tsakhats K'ar, X sec., reg. Yeghegnazor, R.A., S. Astvatzatzin (detta anche Burt'elashen) di Amaghù Noravank', 1339, reg. Yeghegnadzor, R.A., a Goshavank' la chiesa chiamata "biblioteca", 1291, reg. Igjevan, R.A., S. Astvatzatzin di Yeghvard, 1321-1328, reg. Nayrì, R.A.
Infine, c'è da segnalare che a causa delle continue invasioni di popoli stranieri dall'Oriente verso l'Occidente e viceversa attraverso l'Armenia (i romani nel II sec. d.C., i sassanidi nei secoli III, V-VII, i bizantini e persiani nei secoli IV, XI, gli arabi nei secoli VII, VIII, IX, i selgiuchidi nel sec.XI, i mongoli nei secoli XIII, XIV, gli ottomani nel secolo XVI, i turchi e persiani nei secoli XVII, XVIII e infine i russi nel XIX sec.), durante tutti tre i periodi fondamentali della formazione dell'architettura religiosa armena ci furono interruzioni forzate del processo culturale che per non influenzarono in modo consistente la continuità del discorso architettonico. Una delle realtà più rilevanti del periodo tardo è legata alla formazione delle comunità armene all'estero, come quella causata dalla deportazione in Iran, a Isfahan, di decine di migliaia di armeni per opera dello Shah Abbas dopo la distruzione di Djughà nel 1603. La Nuova-Djughà costruita e abitata dagli armeni, è presto arricchita da numerose chiese edificate in vari quartieri come quelle di: S.Salvatore (Surb Amenap'rkitch), 1664, (fig.43), Santa Madre di Dio (Surb Astvatzatzin), 1613, S. Stefano, 1614, S.Giovanni Battista (Surb Hovhannes M(ë)k(ë)rtich), 1621, S. Sargis, 1659, S. Minas, 1659, e altre. Le piante di queste chiese rappresentano tipologie centrali cupolate con interpretazioni molto particolari sia nell'organizzazione degli spazi interni che nell'aspetto volumetrico esterno. In questo caso è presente una notevole influenza della cultura persiana in sintesi con forme architettoniche tradizionali armene che, pur adattandosi al dominio straniero per ragioni di sopravvivenza culturale, hanno trovato un'opportunità eccezionale per la produzione di architetture connotate da gradi d’interpretazione del tutto favoloso e sorprendente.  

BIBLIOGRAFIA IN RIFERIMENTO ALL'ARTICOLO
Ch. Texier, Description de l'Arménie, la Perse et la Mésopotamie, Paris, 1842-52.
J. Strzygowski, Die Baukunst der Armenier und Europa, vol. I,II, Wien, 1918.

N. Marr, Anì, Erevan, 1939, (in russo).

J. Baltrushaitis, L'église cloisonnée en Orient et en Occident, Paris, 1941.
 
T.Toramanian, Nyut'er haykakan dchartarapetut'yan patmutìyan, (Materiali per la storia dell'architettura armena), vol. I,II, Erevan, 1942-48, (in armeno).
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A.Zarian, Formazione e sviluppo della sala a cupola, in CARB, XX, 1973, pp.467-481.
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ABBREVIAZIONI
R.A., Repubblica d'Armenia.
A.S., Armenia Storica.
R.A.GH., Repubblica Autonoma del Gharabagh.
CARB, Corsi di Cultura sull'Arte Ravennate e Bizantina.

  Piantine riportate nel testo come "figure"



II. AN ANALYSIS OF THE ARCHITECTURAL CLASSIFICATION OF MEDIEVAL ARMENIAN STRUCTURES
researched by: Arà Zarian

ABSTRACT
The consistent, rigorous and scientific study of Armenian architecture started with Nicholas Marr and his archeological excavations of the eighteen-nineties in Anì; these were later followed by the expeditions led by Toros Toramanian, which lasted until the First World War: The study of numerous Anì churches, Toromanian's excavations at Zvart'nots (and his famous initial reconstruction design), as well as the archeological excavations at Edjmiatzin Cathedral fuelled a new interest among a group of European scientists. In 1918, Joseph Strzygowski published in Vienna his revolutionary book Die Baukunst der Armenien und Europa, which brouth about a completely new interpretation of East/West interactions in the field of arts.
It is accepted practice in the study of Armenian architecture to subdivide its historical development into three important periods: 1) formative, from the 4th to the 7th centuries A.D., 2) mature, from the 9th to the 14th centuries A.D. and 3) late, from the 15th to the 19th centuries A.D. The formative period is definitely the most important because it is then that the main architectural plan and spatial designs are conceptualized and constructed. These include single nave churches, triple nave basilicas, centriform churches, cruciform churches and domed hall structures.
Originally, the most widespread were of the type with a single nave and a barrel-vaulted hall with an apse.  For example, the church at Dj(ë)rvezh (4th-5th c.), which has a single-span protruding polygonal apse; the church of Sourp' (Holy) Hrip'simè of Verishen (5th-6th c.), with a single-span protruding semicircular apse; Sourp' Astvatzatzin of Aragyough (5th-7th c.), with a single-span semicircular apse enclosed in a rectangular perimeter; and finally, Sourp' Astvatzatzin of Avan (5th-6th c.), with a dual-span semicircular enclosed apse.
The rapid expansion of Christianity contributed to the construction of new churches and to the metamorphosis of the existing ones. External, open-air baptismal fonts start to emerge to satisfy the need of those who want to be baptized. This element is implemented in the single nave church next to Shoghakat' (Effusion of light) of Edjmiatzin, 5th-6th c.), in Karnut-Diraklyar (5th c.), Dj(ë)grashen (6th c.), Hobardzì (6th c.) and elsewhere. The architectural conceptualization brings about the idea of avandatoun or a chapel flanking the apse (prothesis). This concept is later implemented in all future churches, by being placed (with respect to the main hall) on one side, both sides, in repeating order or in all the corners of the rectangular floor plan.
Along with the widespread use of the elongated layout, there is also great importance attached to the centriform structural concept, which is implemented for the first time by Gregory the Illuminator in 301-303 A.D. in Edjmiatzin; a domed church, with a single quadruple apse and four angular chapels. In the years 484-488 A.D. the floor plan is modified to a centriform with protruding four apses and two chapels flanking the main altar. This architectural form is henceforth known as the "edjmiatzin-bagaran" type. Examples thereof include Sourb Hovhannes in Mastarà, (5th-6th c.), Sourb Sarkis in T'alin, (7th c.), the church in Voskepar (7th c.) and Sourb Grigor of Haridchavank' (7th c.). The ultimate architectural realization of this concept is in the "hrip'simè" type structures where cylindrical internal diagonal niches and external frontal triangular niches are evident. Similar structures include the Okhtë D(ë)rnin Vank' of Mokhrenis (5th-6th c.), Sourb Hovhannes in Avan (618 A.D.), the Hrip'simè of Edjmiatzin (618 A.D.) and others.
The first attempts to harmonize the elongated and the centriform concepts are already successfully realized in the 5th and the 6th centuries, with the domed constructions of the single nave Boghos-Petros church in Zovounì, and the Sourb Sarkis triple nave basilica in Tekor. This experiment signals the birth of the domed hall (in the case of the former) and the triple nave domed basilica (in the case of the latter) architectural design. Domed hall type churches are found in P(ë)t(ë)ghnì (6th-7th c.), Sourb T'adeos Arak'yal of D(ë)dmashen (7th c.) and Sourb Grik'or in Arudch (7th c.). Famous domed triple nave basilicas worth mentioning include the Kat'oghikè of Dvin (5th c.), Gayanè of Edjmiatzin (630 A.D.), Bagaran (631-639 A.D.), Odzun (7th c.) etc. 
The centriform construction is also well expressed in cruciform churches. Internally, these have single, triple or quadruple apses such as Morudzorivank' (6th to 7th c.), Sourb Ghazar of Sarnaghbyur (6th c.), Sourb Step'anos of L(ë)mbatavank' (7th c.) and so on.  Design with a central circular floor plan are a category in themselves. Its first magnificent construction is seen in the royal Cathedral of Zvat'nots, founded by Kat'olikos Nerses the 3rd (the Builder) in 634 A.D. Its floor plan consists of a quadruple apse nucleus enclosed in a circular hall, with four support pillars holding a domed structure. The same concept is found in the Ishkhan, Banak, Liakit' churches, all built under Nerses (7th c.) but which have been destroyed and were never reconstructed. Circular centric designs are also seen in other multiple apse variations as in the church of Sourb 
Yerrordut'yun (6th to 7th c.), of Sourb T'adeos Zoravar in (Y)eghvard (7th c.) and in the late medieval period in the church of Kh(ë)tzkonk' /11th c.).
As of the end of the 9th century A.D., monasterial ground complexes start to form around the churches, practically all across Armenia. These quickly become important educational and spiritual centres. The new circumstances dictated by these lifestyle needs (spiritual, educational, scientific, copying of manuscripts etc.) created the necessity to devise new conceptual structures. These are the gavit's (narthex), zhamatuns (parsonages), the seghanatuns (refectories), the divanatuns (archives), the matenadarans (monastery library) and the bell towers.
From an architectural point of view, the gavit's are the most interesting. They have a square floor plan, two or four pillars which support the cross-vaulted roof. Lighting is achieved through an opening in the dome. Notable gavit's are found at Sanahin, Goshavank', Haghartzin, Makaravank' and Saghmosavank'.
Finally, it should also be noted that, in this period, we can find widespread construction of two-storeyed burial churches within the monasterial complexes (as well as separately). The first floor housed the burial chamber (tapanatun), while the second floor was for the altar and the depository (avandatun); these were accessed through an external protruding staircase. The most famous structures of this type are Tsakhats K'ar (10th c.), Sourb Astvatzatzin at Amaghù Noravank' (1339 A.D.) and Sourb Astvatzatzin at Yeghvard (1321-1328 A.D.).


Bibliografia sull'architettura armena





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