Il
tappeto armeno è un particolare tessuto decorato eseguito
a mano su un telaio orizzontale o verticale con la tecnica
dell’annodatura, in
modo da ottenere un vello artificiale che ne nasconde la struttura
portante. Esso
nacque come oggetto d'uso e divenne espressione artistica
già nei tempi molto
antichi. Tra le decorazioni erano comuni simboli come la svastica, la
ruota, il
cosmogramma, i simboli della vita, dell’eternità,
la croce, i simboli floreali,
vegetali e animali, come quelli che si ritrovano sui graffiti di Ughtasar
(regione di Vayk in Armenia centrale) del V° millennio a.C.,
oppure sulle steli
votive “vishap”,
poste in
rettilinea lungo i bacini e i percorsi d’acqua. Animali e
simboli totemici o
geometrici, in generale, rappresentano una cultura preesistente che ha
segnato
nel tappeto tappe importanti e espressive.
(Centri di tessitura e
fabbricazione di tappeti armeni nel X sec.)
Spesso
si tende ad omettere e a non riconoscere a pieno
l’apporto fornito a quest'arte dagli armeni e della valenza
che attraverso essi
è stata trasferita e tramandata nel tappeto. L'uso del
tappeto come strumento
di preghiera nella
cultura armena anticipa infatti quella dei musulmani; alcuni
studiosi teorizzano che l'uso e l'espressionismo islamico delle
popolazioni
arabe per l’arte del tappeto derivi proprio dalle popolazioni
cristiane armene.
Gli esperti sanno bene che i
tappeti venivano annodati dai
caldei, dai curdi, dai nomadi,
dai persiani e dai cinesi. La peculiarità è che
i tappeti cristiani sono stati tessuti dagli armeni sin
dall’inizio
dell’adozione del cristianesimo in
Armenia nell'anno 301.
Un notevole contributo all’argomento si trova
nell’interessantissimo libro del tedesco Volkmar Gantzhorn
“Il
Tappeto
Cristiano Orientale” (Benedikt Tascen Verlag,
Köln, 1990), libro che porta un
fondamentale contributo alla conoscenza dei materiali utilizzati per la
tessitura, dei colori naturali d’origine vegetale,
l’uso di simboli della
tradizione armena, le tecniche di tessitura, i segreti del mestiere
tramandati
da madre a figlia, le caratteristiche cromatiche, compositive e infine,
la
particolare composizione artistica dei tappeti cristiani armeni a
segnalare la
presenza di varie tipologie compositive che nascono in precisi luoghi
sull’Altopiano Ararateo e si diffondono in una vasta area
geografica anche di
credo musulmano, risentendo interessanti influenze ed elaborazioni
stilistiche
interpretate con incredibile creatività e varietà
simbolica. Questo fatto
rappresentativo
si ricollega perfettamente alla tipologia dell’architettura
delle chiese cristiane armene e la diffusione delle composizioni
architettoniche nel Medio Oriente e in Europa.
(Presenza degli armeni nel
Caucaso e In Turchia prima del genocidio del 1915)
Fonti
greche, romane, persiane,
indiane
e georgiane
documentano inoltre l'ottima qualità della lana in Armenia,
richiesta da molti
paesi e presente in numerose varietà note come heghn - vello, asr
-
bianca, lucente di pecora, asrakerp
-
schiumogena, asrapajy - bianca,
lucida, gzat - ribattuta,
pettinata, kazn - bianca, lucicante e dchur
- lana di caprone di angor di pelo
fino. Ben noti erano anche i colori naturali conosciuti dai greci e dai
romani
con i nomi: rubia, horobitis -
rosso, armenium – azzurro; famoso
è anche il vordan karmir,
colorazione ricavata dai vermi di radice di
cocciniglia, molto diffusi nella Pianura dell'Ararat.
E' da segnalare il fatto che molti dei più affascinanti
tappeti
presenti in commercio oggi hanno temi che richiamano i tappeti
tipicamente
armeni come il Gohar, Vishapagorg, Arzvagorg, Khatchagorg, Tzaghkagorg
e
Trchnagorg di cui si parlerà più avanti.
Tanti
tappeti armeni portano il nome della località di
produzione e delle scuole di tessitura e sono conosciuti come tappeti
del
gruppo di: Lorì, Sevan, Pambak, Dilidjan, Gharabagh,
Artzakh, Ararat,
Vaspurakan, Gegharkunik, Gokhtn, Gugark, Karin, Sebastia, Kars,
Syounik,
Shirak, Nor Djunghà, Anì, Dvin, Arzn, Mush, Van,
Erzrum, Izmir, Kuba.
Tappeti
armeni in
Italia
A
conferma della veridicità della tradizione secolare
armena di quest’antico mestiere, che in Armenia era
prerogativa femminile, si
segnala un fatto curioso e unico con riferimento ad una vera scuola e
fabbrica
di tessitori di tappeti
armeni in Italia, nei pressi di Bari. In seguito agli
atroci avvenimenti del genocidio degli armeni tra il 1915
e il 1918,
nel quale,
come ben si sa, il governo ottomano dei Giovani Turchi
trucidò un milione e
mezzo di armeni, si assiste all’insediamento di una colonia
di profughi armeni
nel capoluogo pugliese dove si forma un villaggio chiamato Nor Arax. In un primo momento i
profughi furono collocati in un
capannone vicino a una fabbrica di tappeti, dove ebbero occasione di
mostrarsi
all'altezza della loro fama di tessitori. Nel 1926 con
l’intervento del poeta
armeno Hrand Nazariants, anche lui scampato ai massacri, il ministro
Luzzato
garantì ai rifugiati sei padiglioni su un terreno
acquistato dall'ANIMI
(Asssociazione Nazionale degli Interessi nel Mezzogiorno) e nel 1927
l'Acquedotto pugliese donò una fontana garantendo acqua
potabile;
all'inaugurazione di tale evento parteciparono tutte le massime
autorità
istituzionali ed ecclesiastiche dell'epoca. Grazie quindi
all’opera di
sensibilizzazione svolta da Nazariants, dalle autorità
italiane e di alcuni
privati, a Bari sorse la prima “Società Italo – Armena dei
tappeti orientali“.
(Spostamenti
dei centri di tessitura armeni dopo il genocidio ad opera dei turchi
nel 1915)
La
presenza di maestranze armene a Bari
fece di questa città un’importante centro di
produzione così come, con ben
altre proporzioni, Marsiglia dove si erano stabiliti circa trentamila
Armeni.
L’attività della tessitura ebbe tale successo da
incentivare l’apertura di
altre scuole in Calabria ed una ad Oria, nel brindisino. Dagli armeni i
pugliesi
impararono l'arte della tessitura dei tappeti orientali, tanto che
quelli
prodotti a Bari furono acquistati da re Faruk, da Pio XI, dalla Regina
Elena e
da diversi enti, come la Banca d'Italia e l'Acquedotto pugliese.
Il
simbolismo e la
criptatura
I
collezionisti di tappeti ben conoscono i preziosi
esemplari di tappeti armeni dalla simbologia composito-criptata,
stratagemma
utilizzato per nascondere ai maomettani sia il figuralismo del tappeto,
sia il
significato cristiano che tale figuralismo rappresentava. Tale
abilità nel
mascherare i simboli del cristianesimo armeno, si ritrova anche
nell’arte dei khatchkar
(croci scolpite sulle pietre),
dove il volto di Gesù Cristo scolpito in rilievo sulla
pietra, assume fisionomia selgiuchide con occhi a
mandorla, trecce ai lati del volto e
indumenti tipici dell’arte musulmana. L'intento di tutto
ciò era semplicemente
di camuffare i simboli appartenenti al cristianesimo e favorirne la
diffusione
e quindi la sopravvivenza.
Il popolo armeno fu infatti costretto spesso nella sua
storia alla diaspora, decimato dalle persecuzioni, sottomesso alle
dominazioni
straniere e sottoposto a trasferimenti forzati soprattutto verso la
Persia
Meridionale e la Grecia Settentrionale. Per proteggere il proprio culto
e la
propria identità dalla soverchieria islamica, gli armeni,
grandi maestri di
tessitura già prima ancora dei tempi di Marco Polo, diedero
ai simboli dei loro
tappeti un linguaggio che era destinato ai soli "iniziati". Si
può
affermare quindi che il simbolismo criptato e l’aniconismo
simbologizzato hanno
costituito fin da subito una scelta obbligata del popolo armeno,
tappeti dalle
simbologie composite dunque, che osservati con attenzione potevano dare
una
interpretazione completamente diversa, ma soprattutto cristiana. Allo
stesso
tempo, nel
molteplice ambiente
culturale e religioso dell’area caucasica, si
assiste, nelle tessiture di
origine islamica, all’utilizzazione di segni geometrici e
ornamentali, che
spesso, ricalcati in modo quasi meccanico, non trasmettono
tutta la
carica simbolica e ideologica tipicamente riscontrabile nei
tappeti di
origine armena, dove ogni elemento, caratterizza una concreta
idea di una
rappresentazione stilizzata della cristianità armena.
Altra fenomenologia interessante,
non meno diversa per
significato e dinamica, è data da quei decori di tipo
“occidentale” che spesso
si possono riscontrare nei tappeti armeni o d’influenza
armena provenienti
dalla Persia, dalla Turchia e dal Caucaso in generale. La
molteplicità dei
simboli occidentali utilizzati in questi tappeti proveniva, infatti
dall'araldica: ricco bagaglio di simboli, alcuni dei quali pare
provenuti
direttamente dalla simbologia armena pre e post-cristiana. Ad esempio,
su tutti
i khatchkar e anche nei rilievi
architettonici, la forma armena del giglio, ossia la "radice lessa"
si presenta fin dal settimo secolo nella sua protoforma di
“E” a forma di
omega, come radice della croce, come simbolo della resurrezione. Con
l'intercambiabilità propria di questi concetti, nel primo e
nell'alto Medioevo
troviamo spesso nella miniatura e nei tappeti, invece della croce, le
"radici lesse”, sotto forma di albero della vita o del paradiso,
per lo
più incoronate dalla croce o collegate a esse. Per esempio
nel rilievo di
bronzo della porta a San Zeno a Verona è ancora chiaramente
riconoscibile il
collegamento compositivo con i khatchkar.
È importante fare anche
un accenno al simbolo della doppia
aquila caucasica, simbolo utilizzato da Costantino il cristiano e che
sia nel
passato che oggigiorno viene spesso utilizzato nei ricami di tanti
“Kazak”. Si
ritiene che i noti motivi dei
cosidetti "kazak ad aquile"
o Celaberd, si siano allontanati
dalla forma di partenza, perdendo in seguito, proprio per la scelta
afiguratistica, quell’aderenza alla natura, e che molti
corpi di uccelli si
siano uniti in una "infiorescenza gigantesca" oppure in un
"medaglione raggiato". La verità è che abbiamo a
che fare ancora una
volta con la fenomenologia della simbologia composita armena, in questo
caso un
simbolo di aquile composite (da: Kayseri).
Testimonianze
storiche dei tappeti armeni
In Islamic Textiles
di Robert Bertran Serjeant, ritroviamo
un’attenta panoramica della diffusione dei tappeti annodati
dal sesto al
tredicesimo secolo, mentre con lbn Khaldun, massimo storico e filosofo
del Nordafrica,
considerato un sociologo ante litteram delle società araba,
berbera e persiana,
abbiamo la testimonianza della più antica menzione dei
tappeti armeni e
precisamente il riassunto dei ruoli delle imposte naturali, tratti da
un’opera
intitolata Djirab
al-Dawla di Ahmed ibn ‘Abd al-Hamid della
fine dell’ottavo secolo
dove si afferma che gli armeni erano tenuti a fornire ogni anno, a
titolo
d’imposta, venti tappeti (busut
mahfùra)
ai califfi di Bagdad. La notizia è integrabile a quella di
Tha’alibi (prima del
1021) il quale riferisce che gli armeni, a quell’epoca,
dovevano fornire al
sultano buydico, assieme ad altre imposte, ogni anno trenta tappeti.
Nel 768, Tabari menziona un arminiya,
cioè un tappeto armeno.
Kàroly Gombos cita lo storico arabo Muhammed Barishini, il
quale riferisce che l’emiro Yusuf abu-Sadsh nel 911 aveva
inviato, insieme ad
altri doni, al suo califfo Muhtashir sette tappeti armeni.
Troviamo una precocissima menzione di tappeti annodati
armeni anche nell’Enziklopadie
des Orientteppichs, in cui
Iten- Maritz cita N.
Adonts, il quale afferma che nell’813 il khan bulgaro Krum
nelle sue scorrerie
in Oriente aveva fatto bottino di Armeniatika Sronglomaletaria,
cioè di tappeti
armeni di lana annodati. La stessa fonte cita anche lo storico Bayhaki,
il
quale nel 1025 riferisce che Mahmoud di Ghazna aveva fatto omaggio al
governatore del Turkestan orientale, Kadir khan, di pregiati tappeti
armeni.
Nell’Islamic
Textiles altri tappeti annodati armeni vengono
citati sia nell’Hudud al-‘Alam, sia da parte di
Makdisi (mukkadisi) e di lbn
Haukal, entrambi nel decimo secolo. Ibn Haukal precisa
l’ubicazione dei centri
di produzione degli armeni: essi vengono prodotti a Marand, Tabriz,
Dvin e in
altre province dell’Armenia. Nell’Hudud viene
nominata anche la provincia di
Shirvan e, come luogo di produzione dei mahfùrì,
vengono specificate le
località di Shirvan, di Khursan e di Derbent.
Per quanto concerne l’occidente, diverse fonti riferiscono
la produzione nel decimo secolo, di tappeti armeni annodati in
Andalusia,
manufatti di aspetto simile ai migliori tappeti annodati armeni di
qualità
superiore. Il centro di produzione viene fatto risalire nella provincia
di
Murcia, città
di Murcia, a Tantala e ad
Alsh, corrispondente alla colonia greca di Hemeroskopeion.
Gli storici antichi non riferiscono di alcuna produzione di
tappeti nel Turkestan occidentale, anche se si conoscevano merci
provenienti
dalla Cina e dall’India (da: Kayseri).
L'invasione
Selgiuchide
La
maggior parte dei centri di annodamento dei tappeti
armeni è stata danneggiata e distrutta in seguito
all’invasione selgiuchide del
1071. Nell’Armenia occidentale, l’unico centro di
fabbricazione di tappeti
annodati in tutta la regione del sultanato di Iconico, sembra essere
Kalikala,
attuale Erzorum, dal cui nome deriva il termine arabo Kali - hali in
turco –
designante il tappeto armeno. Nello spazio culturale
dell’Armenia orientale invece,
sopravvivono i centri di Dvin (Dabil), famoso per i tappeti porpora che
vi si
producevano, di Tabriz e la regione di Shirvan.
Inoltre grazie ai trasferimenti forzati, soprattutto verso
la Persia meridionale e la Grecia settentrionale, nel primo secolo
ebbero luogo
due grandi ondate migratorie, con le quali gli armeni misero piede non
soltanto
in Asia Minore, ma anche in Italia, in Francia e in Spagna. La minaccia
dei
Selgiuchidi portò all’emigrazione di gran parte
della popolazione verso ovest,
dove il Wilayet Sivas, la regione di Kayseri, Smirne (Izmir), i monti
del Tauro
e la Cilicia, la Grecia settentrionale e i territori dei Carpazi
divennero
centro d’insediamento armeno. Inoltre troviamo minoranze
armene non soltanto in
Siria, in Egitto e in tutte le città costiere del
Mediterraneo, ma anche in
Persia, in India, nelle isole Sonda e in Cina. Nel 1095, durante la
prima
Crociata, si formarono rapporti di parentela con la Francia e la
Sicilia
attraverso numerosi matrimoni.
In conclusione è utile
sottolineare il fatto che i tappeti
non devono essere intesti come dei semplici "drappi calpestabili", ma
come dei
veri e propri prodotti tessili dei fedeli cristiani e delle
“icone
anoggettuali”, oggetti di culto delle chiese cristiane
d’Oriente e che, assieme
ad altri prodotti tessili, rappresentano il più importante
contributo armeno
alla storia dell’arte mondiale.
I
tappeti quindi sono parte integrante della cultura del
popolo armeno, che
ha più d'ogni altro,
sofferto di innumerevoli spartizioni, saccheggi, spoliazioni,
deportazioni,
asservimenti, uccisioni, oltraggi, che è stata derubata
della sua stessa arte,
la cui paternità è stata attribuita in seguito ai
conquistatori, in buona fede
o attraverso manipolazioni. Il patrimonio della tessitura del tappeto
orientale
è una componente dell’identità armena e
come tale deve essere concepito e
valorizzato.
TIPOLOGIE PRINCIPALI DEL TAPPETO
CRISTIANO ARMENO
Tappeto "Gohar"
Il
tappeto Gohar porta il nome della
donna armena creatrice di questo stile artistico nell’anno
1680 come inciso
sull’estremità superiore dello stesso tappeto. La
composizione strutturale, il
colore, le caratteristiche figurative si riferiscono ai noti tipi di vishapagorg – tappeto a drago.
Movimentata la storia di questo tappeto che inizialmente fu rubato da
una
chiesa armena, alla fine del XIX secolo, e venduto a un signore
inglese. Fino
al 1899 questo tappeto è stato custodito nel Museo
Britannico di Kensington, in
seguito passò ai Musei di Victoria and Albert. Venduto
all’asta di Londra nel
1977, il tappeto Gohar finisce a
Johannesburg
e di seguito negli Stati Uniti d’America. Il primo studioso a
pubblicarlo è
stato F. R. Martin (Sammlungen aus dem
Orient in der allgemanien Kunst und Industrie, Stockholm,
1897). Lo stile
geometrico assiale di questo tappeto riporta al centro un medaglione a
croce
con raggi circondato da un bordo roseo. La predisposizione dei
successivi
medaglioni ricorda la composizione del tappeto artzvagorg
– tappeto aquila. Tutto il
campo del tappeto è sparso di
fiori che assumono forme d’intreccio elemento caratteristico
per i tappeti
chiamati tzaghkagorg –
tappeto a
fiori. Il cornicione del bordo esterno è composto di
triangoli
articolati di
colore bianco-giallo e rosso-verde. Questo tappeto è un
campione
unico perequano, non sono stati realizzati altri simili a questo, ma
solo singoli elementi
si
riproducono in altre tipologie.
Tappeti a drago
(Vishapagorg)
Il cosiddetto tappeti "a drago" o "a dragone'" è
considerato il più antico nella sua tipologia e non
presenta analogie nell’arte
del tappeto sia armeno che caucasico. Il pezzo più antico si
ritiene sia
quello, diventato ormai famoso, acquistato dal Grafa Damasco nel 1900 e
poi
venuto in possesso del museo berlinese. A causa della seconda guerra
mondiale
non ne restano che frammenti. Sarebbe dello stesso periodo (inizi del
XVI
secolo) un altrettanto importante frammento conservato al Museo Bardini
di
Firenze.
Importanti esemplari si trovano presso il Museo della Storia
dell’Armenia a
Jerevan e presso l’esposizione del Museo della Storia della
Città di Jerevan in
Armenia.
Gli esemplari più antichi sono evidenziabili da un motivo a
traliccio
caratterizzati dall'uso di motivi floreali e zoomorfi. Nel campo,
generalmente
di colore rosso, compare la figura del drago, spesso in coppia; in
particolare,
schiena contro schiena che simboleggia l'immaginario collettivo di
molte culture
come essere sia malefico sia benefico. Nei miti della creazione i
draghi sono
per lo più esseri primitivi brutali che devono essere
sconfitti dagli Dei. In
seguito, ad assumere il ruolo di uccisori di draghi furono gli eroi e i
progenitori della stirpe nobile. Nell'Epopea popolare armeno, gli eroi
Sanasar
e Baghdassar sconfiggono il drago per liberare il popolo dal male. Il
simbolismo cristiano vede nel drago un’incarnazione del
dominio sconfitto dall’arcangelo
Michele e precipitato nell’inferno. Per questo i draghi
spesso sono collegati
al fuoco e sono rappresentati negli atti di sputare fuoco.
Nell’Oriente il
drago è visto come simbolo di fortuna, in grado di produrre
l’elisir dell’immortalità.
Altre figure zoomorfe, come la fenice in lotta, il leone ecc.,
completano
talvolta la decorazione. Nelle bordure, prevalgono arabeschi e
palmette. Tutti
i colori sono piuttosto vivaci. I centri più
importanti di tessitura di
questi tappeti erano: Van, Mush, Karin nell'Armenia Storica.
Tappeti ad aquila
(Artzvagorg)
Il
“re degli
uccelli” è un noto simbolo della smisurata potenza
e dell’altitudine alle armi.
Per il mondo cristiano nel suo volo ad alta quota si vedeva
l’equivalente dell’Ascensione
di Cristo, e l’efficacia benefica della luce spirituale. Come
uccello
distruttore di serpenti e draghi l’aquila simboleggia la
vittoria della luce
sulla forza del male. Corrisponde ai significati che
nell’antichità venivano
attribuiti a Giove.
Questi
tappeti, tipicamente armeni, si caratterizzano dalla presenza di
medaglioni
centrali e angolari con raggi chiamati dagli stessi tessitori
"aquile". Al centro del medaglione, si evidenziano delle frecce scure
che rappresentano il disco solare. Il contorno, caratterizzato da
colori vivaci ed
è ornato da
motivi di "vishap", da ali di uccelli e vari simboli. Lo
sfondo
è prevalentemente rosso. I medaglioni spesso sono contornati
da
fascette
giallastre e marroni. La provenienza di questi tappeti è
considerata la
provincia di Artsakh, particolarmente la città di
Shushì.
Questi tappeti
vengono diffusi a partire dal XVII secolo.
Tappeto
floreale (Tzaghkagorg)
II
motivo
iniziale (draghi, fenici, lotte d'animali) si arricchisce sempre
più di ampie
motivazioni vegetali tutte allungate verso l'alto, disposte in varie
file. La
costruzione a traliccio dà la sensazione di un disegno senza
fine caratteristica
propria dei tappeti armeni. Spesso si inseriscono nel campo serie di
palmette,
grandi palme e nastri di nuvole. Il fiore è il simbolo
universale della
giovinezza, il fiore, in virtù della disposizione
– stella dei suoi petali – è divenuto
presso molti popoli l’emblema del sole, dell’orbita
terrestre del centro dell’universo.
Inizialmente il fiore ha simboleggiato l’energia vitale, la
gioia di vivere, la
fine dell’inverno e la vittoria sulla morte. Un bastone di
legno secco che
torna a produrre germogli freschi si trova in molte leggende popolari
nell’Oriente.
Trattandosi di tappeti dalle dimensioni abbastanza ampie, tali da
escludere la
provenienza nomade, essi vengono ricondotti a manifatture stabili.
II tipo di tappeto a traliccio vegetale copre un lungo arco di tempo
che può
andare dal XVI al XVIII secolo. Anch'esso rivela il medesimo processo
di
trasformazione delle forme già descritto nei tappeti a
drago.
Le
ordinazioni più varie inducono i centri di Kuba, Kasakh,
Gharabagh, Talish ed
altri, ad incrementare il numero dei disegni in risposta ad apposite
richieste
di mercato.
Tappeto a croce
stellata (Khatchagorg-Astghagorg)
Del
gruppo dei tappeti a stelle e
croci fanno sicuramente parte alcuni tappeti del Caucaso di origine
armena. Tale
motivo è ripreso un po' in tutto il Caucaso, per il fascino
della
sua decorazione, infatti, esistono disegni “lesghi”
su strutture di tappeti
Shirwan e Kuba. In questi tappeti
gli ensi
sono caratterizzati da un motivo a forma di croce. Per questo, in
Turchia, sono
anche impropriamente chiamati khatchlù,
che in armeno significa “croce”. Questo motivo
divide il campo in quattro
comparti movimentati da disegni arcaici. La parte superiore
dell’ensi
presenta solitamente una o più cuspidi, mentre la parte
più bassa è occupata da
un’alta alam,
cioè da una fascia in parte annodata e in parte tessuta a kilim,
la cui funzione è di
proteggere il manufatto dalla consunzione provocata dallo strofinio sul
terreno.
Sull'origine
armena di tale
decorazione si possono suffragare dati attendibili attribuibili al
rinvenimento
di pavimentazioni a mosaico risalenti all'ottavo secolo D.C. in
Armenia, Siria,
e in Cilicia che potevano già esser prese a modello per
tesser i primi tappeti
a croci stellate dell'alto medioevo.
Una
chiave di lettura dei tappeti
a croci stellate è stata invece dettata da studi che
riguardano il carattere
zoomorfo nascosto nelle decorazioni apparentemente geometriche. In
effetti, se guardiamo bene
com'è composta una stella armena, possiamo notare che essa
nasconde, come in un
rebus, teste d'uccello semplici e doppie dal profilo scalettato.
Questa
lettura può esser fatta
sia leggendo il disegno primario che il disegno in negativo; ci
accorgeremo che
il disegno non è casuale e che si compenetra volutamente in
un perfetto
equilibrio.
La
simbologia che da vita a una mirabile
allegoria d'allegria e di gioia, dettata dall'esplosione di stelle e da
losanghe uncinate che illuminano un profondo cielo blu, e che portano
in se il
seme della vita e della rigenerazione. La croce rappresenta
l’orientamento
nello spazio, il punto d’intersezione tra le linee,
l’unificazione di molti
sistemi dualistici sotto forma di una totalità che
corrisponde alla forma umana
con le braccia aperte, (l’uomo vitruviano di Leonardo).
Assieme al cerchio
costituisce un elemento strutturale che sta alla base di molte figure
di
meditazione e si ritrova nelle piante di diverse chiese armene,
Edjmiatzin,
Bagaran, Mastarà, Avan, Hripsimè. Non per caso,
nella letteratura scientifica
che tratta l’architettura religiosa armena, possiamo leggere:
“pianta a croce
armena, tetraconco a croce armena”.
Tappeto a serpente
Uno
dei tanti tappeti particolari è il
tappeto a serpenti della regione di Artzakh, ora parte della Repubblica
Autonoma del Gharabagh Montano. Il serpente
è noto come
animale simbolico considerato
sempre in maniera molto contraddittoria. In molte culture arcaiche
simboleggia
il mondo inferiore e il regno dei morti. Il significato del serpente
collega le
idee di vita e di morte in modo così specifico che si
può dire, non esita
cultura che abbia ignorato la sua esistenza. La saggezza popolare dice
che il
serpente prima di bere l’acqua dalla sorgente, lascia il
veleno nella sua
caverna, allo scopo di mantenere l’acqua pura.
La
composizione dei tappeti a serpenti si focalizza sulla presenza di
grandi
medaglioni disposti sull’asse verticale del tessuto a rombo o
esagonale al
centro del quale, si dispongono le svastiche dalle quali spuntano
rampolli
terminati da stelle. Il quadrato contenente la svastica è
circondato da otto
serpenti. La composizione simboleggia la creazione
dell’universo
protetto dai
serpenti. Il campo circostante è seminato da figure umane,
animali, uccelli,
strumenti di lavoro come a simboleggiare la presenza della vita e della
quotidianità. I colori che prevalgono maggiormente sono il
rosso, l'azzurro scuro,
il violetto intenso e il giallo chiaro. Il bordo esterno è
caratterizzato da un motivo
floreale dentellato.
Per approfondimenti